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23. 04. 2024 15:43

Al Gaetano Pini nuove terapie di eccellenza per i problemi ortopedici

Il dolore alla spalla, noto anche come “spalla congelata”, può risolversi con tecniche innovative.

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Un dolore forte alla spalla che aumenta velocemente fino a non permettere di muovere l’articolazione. Si tratta della cosiddetta spalla congelata, ovvero la capsulite adesiva, l’infiammazione e il progressivo ispessimento della capsula articolare della spalla. Sebbene possa colpire pazienti di tutte le età – circa il due per cento della popolazione globale – a esserne affette sono più spesso le donne di età compresa fra 35 e 55 anni.

Quattro fasi. I sintomi tipici sono dolore e limitazione dell’articolarità della spalla, e si presentano con una sequenza tipica descritta in quattro fasi da Robert J. Neviaser nel 1962.

«La prima fase è caratterizzata da dolore acuto e che aumenta velocemente, senza però limitare il movimento della spalla. Nella seconda fase si assiste a una significativa limitazione dei movimenti, specialmente dell’extra-rotazione, dovuta alla retrazione capsulare, ossia alla contrattura. In questa seconda fase il dolore è presente anche a riposo e poco responsivo ai comuni anti-infiammatori, ma può essere alleviato da un ciclo di infiltrazioni con cortisone intra-articolare. Tale fase può durare anche mesi ed è sconsigliato iniziare una fisioterapia troppo aggressiva in quanto potrebbe infiammare ulteriormente la capsula rallentando il processo di guarigione – spiega Riccardo Compagnoni, ortopedico dell’Asst Gaetano Pini-Cto -. Nella terza fase la spalla è ancora congelata ma il dolore è presente solo ai massimi gradi di escursione articolare, la fisioterapia può essere intrapresa con estrema delicatezza. Nella quarta fase si assiste alla scomparsa del dolore e al progressivo recupero funzionale, è possibile intensificare la fisioterapia che nella maggior parte dei casi porta a un pieno recupero».

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Cause sconosciute. A oggi non si conoscono le cause dell’insorgenza della spalla congelata ma, dice l’ortopedico, «alcune ricerche sostengono una possibile correlazione con patologie autoimmuni». Per quanto riguarda le terapie, invece, queste devono essere mirate al controllo del dolore e al recupero dell’articolarità.

«Nella prime due fasi, quelle più dolorose, si raccomanda un’adeguata terapia con anti-infiammatori e anti-dolorifici, associata a un ciclo di infiltrazioni – prosegue l’esperto -. Dalla terza fase è possibile iniziare con una delicata e progressiva fisioterapia, mirata al recupero dell’articolarità della spalla, sempre evitando di forzare i movimenti se si sente dolore».

La patologia che non richiede comunque trattamenti chirurgici: «Il rischio di un’errata diagnosi è proprio quello di confondere il quadro iniziale doloroso con una lesione della cuffia dei rotatori, sottoponendo il paziente a un intervento che può accentuare l’infiammazione locale rallentando la guarigione», conferma il medico.

Questi rischi possono essere evitati inquadrando correttamente la patologia, così come accade al Gaetano Pini-Cto dove la presenza di risonanze magnetiche ad alta definizione e di medici radiologi specializzati permettono di evidenziare in molti casi l’ispessimento capsulare antero-inferiore e soprattutto di escludere patologie concomitanti.

«Il servizio garantisce la possibilità di eseguire ecografie da parte di medici con grande esperienza nella diagnostica della spalla che possono fornire informazioni molto utili per l’inquadramento clinico», spiega ancora l’esperto. Sono attivi, inoltre, ambulatori dedicati alle patologie della spalla, in cui ortopedici specializzati valutano la storia e il quadro clinico del paziente per impostare le terapie ed eseguire le infiltrazioni necessarie.

Struttura. È possibile programmare la fisioterapia nel polo riabilitativo Fanny Finzi Ottolenghi dove sono presenti fisiatri e fisioterapisti di grande esperienza. Come si articola il piano riabilitativo lo spiega lo specialista Alessandro Tomba: «Il fisiatra stila il progetto riabilitativo individuale per il paziente che può comprendere l’utilizzo di terapie fisiche a scopo antiinfiammatorie, come la tecarterapia e laserterapia ad alta potenza, e un programma di rieducazione assistita per il recupero articolare che deve avvenire il più precocemente possibile nel rispetto delle fasi di evoluzione della patologia. Il fisioterapista applica il programma riabilitativo attraverso tecniche di mobilizzazione passiva di tutte le articolazioni del cingolo scapolare e di assistenza ai movimenti attivi da parte del paziente con un attento monitoraggio della sintomatologia dolorosa onde evitare un ulteriore stimolo infiammatorio e la sviluppo di reazioni di difesa. Recuperata la mobilità dell’arto il paziente può seguire un programma di rinforzo della muscolatura della cuffia dei rotatori della spalla e la rieducazione al gesto funzionale».

 

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