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25. 04. 2024 09:09

Linfedema: 40 mila casi ogni anno, serve saperne di più

Domani al Palazzo delle Stelline un convegno con gli esperti di questa malattia rara

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Il linfedema è una patologia cronica, che colpisce il sistema linfatico. Quando il normale flusso linfatico viene ostacolato, il liquido (la linfa) si accumula originando un gonfiore invalidante, specialmente negli arti superiori e inferiori. Il linfedema primitivo è di natura congenita, mentre quello secondario, il più diffuso, compare in seguito a interventi di chirurgia oncologica (specialmente nelle donne operate al seno), di chirurgia ortopedica, radioterapia o traumi. Si stima che ogni anno in Italia ne vengono diagnosticati fino a 40 mila casi.

Al Palazzo delle Stelline un convegno per il linfedema, fino a 40 mila casi ogni anno in Italia

Per parlare di questa malattia, dalla diagnosi alle cure (anche se non si guarisce, ma si possono migliorare le condizioni di vita dei pazienti) domani alle 9.00 alla Fondazione Stelline di corso Magenta 61 si terrà un convengo aperto a tutti, al quale parteciperanno medici, fisioterapisti, operatori farmaceutici, il consigliere regionale lombardo Emanuele Monti e Luigi Chignoli, paziente che ha organizzato l’incontro stesso.

«Spesso questa patologia non viene individuata facilmente, quindi il paziente comincia a farsi visitare da diversi medici, dall’angiologo al fisiatra. – racconta Chignoli – Così si entra in una sorta di girone dantesco prima di ottenere una diagnosi precisa, un po’ come è capitato a me, che ho perso diversi mesi». La terapia consiste in cicli di manovre di drenaggio manuale specifiche effettuate da un fisioterapista, seguite dall’applicazione di un bendaggio. La fase successiva consiste in interventi di mantenimento che il paziente deve fare da solo.

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Il convegno di sabato 18 marzo è stato organizzato per fare il punto della situazione su «tutto quello che si sa oggi di questa patologia, che è stata riconosciuta solo recentemente come tale dal ministero della Salute, e di cercare di migliorare la formazione dei fisioterapisti in questo campo, perché nelle università non esistono specializzazioni per questa patologia e spesso i malati devono rivolgersi a strutture di altri Paesi europei».

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