La pandemia da Covid-19 ha cambiato profondamente la vita di ciascuno, così come ha modificato il modo di affrontare le patologie da parte del sistema sanitario.
Malati Covid, il Policlinico traccia l’identikit
Per questo è ancora più importante conoscere l’identikit del paziente con infezione da coronavirus: a rispondere è una prima indagine su circa 1.600 ricoveri in terapia intensiva avvenuti in Lombardia nelle settimane iniziali di diffusione del contagio. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Jama, ha come ricercatore principale Giacomo Grasselli, responsabile della Anestesia e Terapia intensiva adulti del Policlinico di Milano.
Sintomi lievi. Secondo i dati riportati dai ricercatori, in circa l’80 per cento delle persone positive l’infezione da Covid-19 si manifesta con sintomi lievi, come febbre e tosse secca, che non richiedono cure particolari.
Nel 20 per cento dei casi invece la malattia si sviluppa in modo più serio, soprattutto a livello respiratorio, tanto da richiedere il ricovero in ospedale. Una percentuale variabile tra il cinque e il 15 per cento dei pazienti ricoverati ha difficoltà a respirare così gravi da aver bisogno della terapia intensiva, dove può essere necessario ricorrere all’intubazione, che consente di “mettere a riposo” i polmoni, guadagnare tempo e permettere all’organismo di battere il virus.
L’impatto della malattia è davvero rilevante: anche se porta al decesso una percentuale molto bassa di tutte le persone risultate positive, nei pazienti più gravi la mortalità è del 49 per cento: in pratica una persona su due ricoverata in terapia intensiva non sopravvive al contagio. I decessi, in particolare, sono più numerosi tra i cittadini anziani e con precedenti patologie.
Malati Covid, statistiche e conseguenze
Nuova ricerca. Secondo lo studio realizzato dal Policlinico, quasi sette pazienti Covid su dieci avevano almeno un problema di salute prima di essere contagiati. La maggior parte era iperteso (49 per cento), mentre almeno uno su cinque (21 per cento) aveva problemi cardiovascolari.
Solo il quattro per cento dei ricoverati, invece, aveva patologie croniche dell’apparato respiratorio. La stragrande maggioranza delle persone prese in esame ha avuto bisogno di un aiuto alla respirazione: l’80 per cento circa è stato intubato, mentre i restanti pazienti hanno avuto comunque bisogno di un supporto tramite mascherine per l’ossigeno o caschi per la ventilazione C-Pap.
«Questo studio è importante perché ci permette di avere un quadro chiaro della situazione nelle terapie intensive lombarde durante le prime settimane di diffusione della pandemia – spiega Grasselli -. Anche se è lo studio più completo pubblicato finora, i dati devono considerarsi preliminari e vanno interpretati con cautela: sia perché non erano disponibili tutti i dati relativi a ciascun paziente, sia perché sono stati valutati i ricoveri in terapia intensiva, e quindi non si hanno informazioni sul decorso della malattia nel momento in cui i pazienti migliorano e proseguono le cure in altri reparti dell’ospedale.
Continuiamo quindi a raccogliere dati perché serviranno ulteriori studi per valutare, per esempio, l’impatto dell’intubazione per tempi prolungati in questi pazienti, ma anche per migliorare ulteriormente i protocolli e le terapie che possiamo mettere in campo ogni giorno per contrastare le forme più gravi di Covid-19».