Sul lettino con Harry Potter, la psicoterapia secondo la dottoressa Sara Di Croce

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Gli incantesimi di Harry Potter come una metafora del percorso di psicoterapia e di cura. A fornire un’inedita interpretazione della saga scritta da J.K. Rowling è la dottoressa Sara Di Croce, psicoterapeuta del Centro Medico Santagostino di Milano.

Dal pensatoio alla pietra della resurrezione, fino alle formule Riddikulus! o Expecto patronum!: molti tra gli oggetti magici e gli incantesimi presenti nei libri e nei film del maghetto possono essere letti come «una specie di rappresentazione in forma favolistica del percorso di terapia psicologico».

La dottoressa, che ha spiegato la sua interpretazione anche in un articolo pubblicato su La Finestra sulla mente (magazine del Centro Medico), spiega a Mi-Tomorrow: «Gli incantesimi a cui ricorrono Harry Potter e i suoi amici nel corso della saga assomigliano a tecniche utilizzate in psicoterapia per gestire le emozioni e affrontare le situazioni più complesse».

Come ha colto questi aspetti di collegamento tra la saga e la psicoterapia?
«Amo molto i libri di Harry Potter e, rileggendoli più volte, mi è capitato di cogliere un richiamo tra gli incantesimi e alcune delle tecniche e delle esperienze sperimentate in psicoterapia. Si coglie soprattutto una certa trasformazione dei personaggi. Nei primi libri sono presentati in modo più didascalico, il bene e il male sono separati piuttosto nettamente. Man mano però i personaggi maturano, scopriamo il loro background. È per questo che mi sono sentita molto vicina ad alcuni di loro».

Quali sono i personaggi più significativi da questo punto di vista?
«Ho trovato di grande ispirazione Neville Paciock. All’inizio può apparire imbranato e goffo, ma le sue caratteristiche poi vengono approfondite. Si coglie dietro di lui una grande deprivazione. I suoi genitori sono in un ospedale psichiatrico, cresce con una nonna che lo squalifica sempre. Questi traumi possono bloccare, se vissuti in solitudine. Ma con il suo gruppo di amici, Neville tira fuori tutta la potenzialità. Rilevante anche Ginny, inizialmente molto sullo sfondo ma poi in primo piano grazie alla sua forza di carattere. E infine Luna, la mia preferita. Dapprima può sembrare solo molto bislacca, man mano però si coglie la sua grande capacità empatica».

In quali incantesimi ha trovato delle analogie con il percorso di cura?
«Prima di tutto citerei l’Expecto Patronum, un incantesimo che consiste nel concentrarsi su un ricordo o un pensiero molto felice, che difenderà chi lo evoca dai pericoli. Il Patronus prende la forma di una figura argentea, spesso un animale che simboleggia le caratteristiche emotive della persona o di una sua figura protettiva e può essere utilizzato per contrastare l’effetto dei “dissennatori”, creature terrificanti che risucchiano la felicità altrui. In sostanza, nel momento in cui si è accerchiati dai dissennatori, occorre ricordare un momento molto felice, per respingerne l’orda. Qui vi è un’analogia con i disturbi ansioso-depressivi».

Ovvero?
«In questi disturbi, stimoli anche apparentemente neutri possono attivare forti risposte emotive di paura o di grande tristezza. Per gestire emozioni così disturbanti, una modalità utilizzata in psicoterapia è quella di “installare una risorsa”. Può aiutare il ricordo di un’esperienza molto positiva, o anche l’evocazione di una figura protettiva o di un simbolo che rappresenta ciò di cui la persona ha bisogno. Un esempio su tutti è la tecnica Emdr, con la quale si allena la mente del paziente a richiamare stati mentali positivi».

Ha trovato altre metafore?
«Un aspetto molto importante della lotta a Voldemort è il fatto di riuscire a chiamare le cose con il loro nome. Voldemort all’inizio è super maligno e non viene mai nominato: questo rafforza il suo potere. In psicoterapia una delle esperienze più importanti è nominare con precisione il male, per vederlo, renderlo più comprensibile e riuscire ad affrontarlo. Nominare l’innominabile, insieme al terapeuta, può avere un effetto potente e “catartico”, permettendo all’elaborazione bloccata di ripartire».

Quali sono gli oggetti magici cruciali?
«Il pensatoio, ad esempio: un bacile di pietra usato per contenere ed esaminare i ricordi. Allo stesso modo, in terapia, rivedere il ricordo insieme a un testimone permette di differenziare la parte di esso ancora angosciata e sopraffatta da quella al sicuro. È fondamentale il confronto. Per rivivere l’esperienza traumatica insieme a qualcuno che vive le emozioni associate con noi ma senza essere sopraffatto. E anche nella storia, svolgono grande importanza le figure di riferimento, come quelle dei maestri e degli adulti, che si prendono cura dei protagonisti».


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