«Stare in casa è sempre il metodo ideale», le raccomandazioni dal San Raffaele

Antonella Castagna (San Raffaele): «Decessi lombardi legati anche all’età media della popolazione»

stare a casa
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«Stare in casa è sempre il metodo ideale». I contagi in Lombardia sono in leggera flessione. Mentre i casi di coronavirus a Milano restano relativamente sotto controllo, anche se il capo della protezione civile Angelo Borrelli ritiene che le cifre siano sottostimate.

Insomma, l’emergenza continua e l’attenzione deve rimanere alta. Lo conferma Antonella Castagna, infettivologa dell’Irccs ospedale San Raffaele e direttore della scuola di specializzazione in Malattie infettive e tropicali università Vita-Salute San Raffaele.

 

«Stare in casa è sempre il metodo ideale», parla la dottoressa Antonella Castagna

Antonella Castagna
Antonella Castagna

Come si sta evolvendo il contagio?
«Sono giorni molto delicati per tutti, in particolare per gli operatori sanitari. I numeri della Lombardia testimoniano la gravità della situazione, anche se per il momento i casi verificatisi a Milano sono limitati. Vedremo nei prossimi giorni se le misure restrittive messe in campo riusciranno a proteggere la città».

Abbiamo raggiunto l’atteso picco o arriverà in futuro?
«È difficile dirlo. Negli ultimi giorni abbiamo avuto il lieve calo del numero dei contagi e dei decessi che tutti volevamo vedere. I prossimi giorni saranno decisivi per stabilire con precisione se abbiamo raggiunto il picco dell’epidemia».

Quando vedremo la curva dei contagi scendere?
«Occorre avere pazienza, calma e lucidità. Il contributo di ogni singolo cittadino è preziosissimo nel fare il vuoto intorno al virus. Due le misure importantissime: stare a casa e rispettare, anche nel contesto familiare, le regole che limitano la possibilità di trasmettere il virus».

Al momento i contagiati sono per lo più uomini. A cosa si deve questo fenomeno?
«Conosciamo troppo poco di questa infezione per poter spiegare chiaramente il fenomeno, ma certamente anche nell’epidemia in corso in Lombardia osserviamo con chiarezza questo effetto. Sono in corso ricerche importanti per stabilire se il diverso assetto costituzionale, funzionale o ormonale tra maschio e femmina possa giocare un ruolo nelle differenze in termini di gravità che osserviamo».

Nel frattempo l’Agenzia del farmaco ha lamentato la carenza di medicinali negli ospedali. Com’è la situazione in Lombardia?
«È una situazione difficile, ma sono in atto tutti gli sforzi per assicurare ai pazienti i farmaci antivirali almeno parzialmente efficaci. In tutto il mondo sono in corso gli studi per valutare l’efficacia e la sicurezza di nuovi antivirali quali Remdesivir, o di antivirali, con nuove indicazioni d’uso come Favipinavir».

Un particolare medicinale, sperimentato in Campania, sembra dare buoni risultati. Viene utilizzato anche negli ospedali lombardi?
«Le linee guida cinesi prevedono l’utilizzo di Tocilizumab nei pazienti con forme severe di polmonite da coronavirus. Non si tratta di un farmaco diretto contro il virus, ma di un immunosoppressore che potrebbe aiutare a spegnere l’infiammazione che il virus scatena, alla base della gravità delle manifestazioni cliniche che possiamo vedere in alcuni pazienti. L’Aifa ha reso disponibile il farmaco all’interno di un protocollo di studio specifico, al quale hanno aderito molti ospedali».

Le misure restrittive decise fino a questo momento sono sufficienti per arginare il contagio?
«Le misure restrittive sono lo strumento più importante per combattere l’epidemia e ne vedremo i risultati positivi: li osserveremo più precocemente se le abbiamo applicate correttamente e se ognuno di noi sta rispettando queste regole».

Il governo ha imposto un’ulteriore stretta, soprattutto su passeggiate e sport all’aperto. È giusto?
«In questo momento le misure restrittive applicate da Regione Lombardia sono molto severe, non penso sia possibile fare di più. Dobbiamo tutti fare sacrifici, anche rispetto alle cose che possono dare una migliore qualità della nostra vita come lo sport e le passeggiate all’aperto. Questo virus deve trovare intorno a sé il vuoto».

Perché questo virus in Italia sta mostrando un tasso di mortalità superiore a quello della Cina?
«È difficile al momento fare un bilancio certo sulla mortalità in Italia, perché conosciamo il numero dei decessi, ma non conosciamo il numero di tutti coloro che si sono contagiati. Sicuramente un fattore in gioco nel numero elevato di decessi che stiamo osservando in Lombardia è legato all’età media della popolazione italiana, più elevata di quella cinese: molte più persone anziane sono esposte al virus con le conseguenze che vediamo ogni giorno. Sono però in corso studi volti a valutare se altri fenomeni, come la densità di popolazione e l’inquinamento, possano giocare un ruolo in questo scenario».

Il ministro della Scuola Azzolina ha detto che le scuole non riapriranno il 3 aprile. Quando secondo lei i ragazzi potranno tornare sui banchi?
«Personalmente ritengo che l’apertura delle scuole il 3 aprile sia assolutamente prematura, dobbiamo avere pazienza, pur con tutti i problemi che derivano dal tenere i ragazzi a casa».

Più in generale, quando potremo tornare a una vita normale?
«Voglio sottolineare un dato: in Cina a poco più di due mesi dall’inizio dell’epidemia il numero di nuovi casi si è molto ridotto, quasi azzerato. E questo deve essere di stimolo e di augurio per tutto il nostro Paese».

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