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29. 03. 2024 08:07

Il ritorno di Gianluca Grignani alla sua musica: «Dove mi sento sempre a casa»

Irrompe al Festival di Sanremo, il cantautore milanese, tra i più attesi, con il suo brano Quando ti manca il fiato

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È uno dei ritorni più attesi sul palco dell’Ariston e Gianluca Grignani – che a Sanremo porta il brano Quando ti manca il fiato – ha deciso per l’occasione di non risparmiarsi, mettendosi completamente a nudo. La sua canzone è emotivamente potentissima: da un lato una conferma della sua inimitabile penna, dall’altra una prova impattante per il cantautore. «Per me questo brano è un mantra», confessa Gianluca in un lunga chiacchierata con Mi-Tomorrow.

Gianluca Grignani racconta a Mi-Tomorrow Quando ti manca il fiato, brano in gara a Sanremo 2023

 

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Grignani
Artwork: credit Simon the Graphic

Cosa significa per te portare proprio questo brano a Sanremo?
«Finalmente una domanda diversa. Cosa vuol dire? Non lo so. So solo che devo salire su quel palco e cantarla, per tanti motivi. Vorrei dirteli tutti, ma se te li dicessi non avrei la contezza di tenere una parte molto importante della mia vita per me. Sono un personaggio pubblico, quindi può sembrare che metta in mostra tutto, ma non è così. Quello che ti posso dire è che questo Sanremo per me è particolarmente interessante».

Come mai?
«È interessante dal punto di vista emotivo. Mi aiuta a canalizzare le mie emozioni, mi smuove altre cose. Continuo a dire che è il karma. Quando lo canto, questo brano esorcizza alcune mie sensazioni. Questo mi aiuta e non credo che faccia questo effetto solo a me. Da quello che ho notato, lo fa anche a altre persone che l’hanno sentita. E quando una canzone fa questo effetto vuol dire che hai fatto tanto e bene. Non so se l’ho mai scritta una canzone così. Ne ho scritte altre con emozioni diverse, ma il fatto di esserci riuscito mi rende orgoglioso. In questo senso, per me è già una vittoria».

Cosa ti preoccupa, invece?
«Mi devo concentrare sugli aspetti tecnici. Quelli mi distraggono dai miei problemi emotivi. Sono fatto così: mi piace stare solo con me stesso, scandagliare. A volte sembro asettico, ma è una freddezza necessaria».

Nella serata delle cover porti Destinazione Paradiso.
«Ho scelto quel brano perché ho la fortuna di avere nel mio repertorio una canzone che è entrata nella storia della musica. Con me ci sarà Arisa, che è la cantante più eclettica che abbiamo mai avuto nel panorama italiano, la amo follemente».

Quando ti manca il fiato parla di tuo padre, ma in fondo parla anche un po’ di te.
«È così. Mi son reso conto che quella canzone è una scusa per parlare di me come padre e come essere umano. È come svegliarsi da un torpore. Quando succede ti manca il fiato, ma succede una sola volta nella vita. La mia reazione è questo mantra. È una canzone che tende a farti sfogare. Sul palco dovrò stare attento a non lasciarmi prendere dall’energia che mi sale. Solo alla fine potrò sfogarmi, altrimenti mi distraggo da quello che vorrei arrivasse. Ho sempre fatto performance emotive, però questa volta vorrei incanalare tutto sul palco. Non so se ce la farò, però ci provo».

Era il momento giusto per questo brano?
«In realtà è nato dieci anni fa, ho sentito subito l’esigenza di scriverlo. Esce ora forse per il karma, se il karma avesse un senso logico…».

Parli di karma anche in riferimento al tuo incontro con Enrico Melozzi, che ti dirigerà.
«Non ho mai lavorato così tanto con un’altra persona. È stato capace di stravolgere il pezzo. Secondo me è un genio. Ha una personalità fortissima, per me è come un fratello. Lavoriamo benissimo insieme ed è la prima volta che permetto a qualcuno di lavorare anche a cose personali. Ha messo mano alla musica, ma anche all’intenzione con cui canto il testo. Mi ha indicato dei punti critici perché ci tenevo. Per la prima volta ho incontrato una persona che, quando la ascolto, mi insegna qualcosa. È brutto da dire, lo so, ma ho questa fortuna che la musica mi viene facile. Questo scambio forte sul palco si sente. Aspettavo che il destino mi portasse quest’occasione ed è arrivata. Non so se sia stato il postino o Gesù bambino, però ha bussato alla mia porta».

Come te lo spieghi?
«In realtà mica è facile ottenere questi risultati. Quando ti manca il fiato ha il potere di farti sentire libero, come una medicina. Ed è incredibile che sia venuta fuori così, ma in questo senso ho già ottenuto quello che mi interessava. Ora posso concentrarmi su tutto il resto, stando attento a dare il peso giusto alle cose. Sulla bilancia deve esserci una libra di cuore e una libra d’anima: devono avere lo stesso peso se voglio restare focalizzato sulle cose giuste. Anche perché, quando avrò finito di cantarla sul palco, mi sentirò vuoto e per me non è un bene».

Perché dici così?
«Mi sento molto vicino a Sherlock Holmes. Arthur Conan Doyle ha creato un personaggio incapace di star fermo. Ho sempre pensato, anche da piccolo, di somigliargli. Infatti sono un grande fan di Conan Doyle, perché ha disegnato il profilo di una persona nella quale mi riconosco molto. Se Sherlock Holmes sta fermo spesso, diventa matto. Provo la stessa sensazione. Devo sempre stare attento a non volare troppo in alto. Se qualcuno taglia il filo dell’aquilone, non so dove sono e tornare indietro è un casino. Non è facile e non è neanche bello, ma bisogna sempre essere felici nella vita. E io vivo meglio così: mantenendo sempre un equilibrio, perché quando lascio andare io lascio andare. E se lascio andare, poi, ritrovarmi è un casino».

Dici spesso che la musica, in questo, ti salva.
«Sì, è una necessità. Quando scrivo, lo faccio per amore della musica, della parola, della letteratura. Ma il motivo scatenante di tutto è una pulsione emotiva che non ti so spiegare. Quando arriva, provo ad acchiapparla. E ci riesco anche! A volte vengono fuori canzoni bellissime. Sai che l’emozione dura 15 secondi?».

Ah sì?
«Sì, ma io tendo a farla durare 3 minuti. E, se non mi riesce, lascio le canzoni lì. Ora a 50 anni evito di scrivere canzoni accennate, piuttosto le considero un progetto, un album. Per questo sono stato un po’ assente, stavo scrivendo. Ero in letargo, stavo sognando. Quando poi sono tornato, la risposta del pubblico mi ha sconvolto. E ti confesso che sono a Sanremo anche perché il pubblico mi ha dato sicurezza».

C’è un po’ di Milano in tutte queste sensazioni?
«Finalmente nel 2023 posso confessare di non avere un luogo. Il mio unico luogo è il palco. Lì mi sento a casa mia e mi muovo con la stessa libertà. Quando salgo sul palco mi ergo e non mi sento peggio e meno di nessuno. Riesco a essere in mezzo alla bilancia, tra il cuore e l’anima. La città non ha questa forza secondo me, non mi sento di appartenere a niente. E sono contento di questo. Non mi piace andare sempre nella stessa direzione».

Ma avrai pur un legame con la città in cui sei nato…
«Di sicuro la mia Milano non è la Milano da bere. È l’unica cosa che so».

 

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Quando ti manca il fiato

IL DUETTO
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