Scuola, Paola Bocci (PD): «Gli insegnanti non possono essere sviliti»

scuola ansia genitori
scuola ansia genitori

Non è certo cominciato con i migliori onori della cronaca il nuovo anno scolastico milanese. Due notizie riguardanti la scuola, pur di segno opposto, hanno segnato queste prime due settimane tra (tanti) rimbalzi di responsabilità e (ben poche) riflessioni.

La prima riguarda le scuole elementari meneghine che sono rimaste senza maestri. Su 2031 convocati, hanno accettato soltanto in 400. Uno scoperto di 1.600 posti ancora da assegnare, dunque. E a questi si aggiungono altri 5mila posti vacanti sul sostegno. Tra le spiegazioni possibili, il fatto che tanti insegnanti preferiscano il trasferimento. Ma c’è anche chi insegna già alle paritarie e chi addirittura preferisce la disoccupazione.

Altro caso di cronaca, di tutt’altro genere, ha riguardato la scuola di cultura popolare di via Bramantino, che si occupa di progetti di integrazione rivolti giorni ai migranti. Devastata da un assalto neofascista, la scuola è stato imbrattata con vernice rossa: disegni osceni, scritte contro gli omosessuali, svastiche e un «W Salvini» che, ça va sans dire, ha avuto più eco di tutto il resto.

A riflettere sul tema è Paola Bocci, consigliere regionale del Pd in Regione Lombardia, ex consigliere comunale di Milano e presidente della Commissione Cultura.

A proposto dell’episodio avvenuto in via Bramantino, da cosa pensa sia scaturito?

«Non si può nascondere che fenomeni di aggressione di stampo fascista, razzista e omofobo sono negli ultimi tempi più frequenti, anche provocati da un inasprimento dei toni e dai proclami di una destra che alimenta con slogan e, purtroppo, anche con atti di governo, un clima ostile ai valori dell’accoglienza e della solidarietà».

Ma perché proprio questo istituto?

«Il fatto che sia stata attaccata una realtà che fa concretamente integrazione, come la scuola popolare, significa non comprendere che questi luoghi non sono il problema ma, al contrario, una parte della soluzione. Soffiare sul fuoco alimenta la paura e rischia di dare sfogo a istinti razzisti verso persone e luoghi che non solo sono “innocenti”, ma possono costruire integrazione e coesione sociale».

I milanesi non credono più nella solidarietà?

«Io sono convinta che i milanesi credano ancora nella solidarietà e nell’antirazzismo e lo hanno dimostrato in diverse manifestazioni collettive come Milano senza Muri del maggio 2017, la tavolata multietnica del 23 giugno scorso al Parco Sempione e il presidio Europa senza Muri di piazza San Babila di fine agosto. Anche nel grave caso della scuola popolare occorre ricordare che il giorno dopo molti milanesi, anche famiglie con bambini, si sono adoperati spontaneamente per ripulire e rimettere a posto i locali imbrattati e devastati dai vandali».

Come spiegherebbe invece il tema legato alle elementari rimaste senza maestri?

«I problemi purtroppo non sono solo delle scuole elementari, ma arrivano fino alle superiori. Posto che ogni anno la storia dell’assenza di insegnanti si ripete, è evidente che c’è un problema di organizzazione e di programmazione di cui fanno le spese gli studenti e le loro famiglie».

Ma è un problema, naturalmente, anche per gli stesso docenti.

«Certo, anche perché hanno spesso incarichi precari e vengono sviliti nella loro professionalità. Le carenze hanno spesso motivi diversi, come la mancanza di specializzati (penso ai docenti di matematica o di sostegno) e l’esaurimento delle graduatorie (più spesso al Nord). Mancano insegnanti di sostegno specializzati, per esempio, perché non se ne formano abbastanza e perché quelli che ci sono dopo cinque anni, potendolo fare, spesso scelgono il trasferimento ad insegnanti di classe».

Quale potrebbe essere la soluzione?

«Per questa categoria servirebbero più fondi, l’innovazione della loro formazione e nuovi modelli di reclutamento. In generale la soluzione non può essere quella, spesso utilizzata per necessità dalle scuole, di assumere insegnanti con supplenze annuali, magari senza l’adeguata qualifica, aumentando la precarizzazione dei docenti, diminuendo la qualità dell’insegnamento e ignorando la continuità didattica».

Come si potrebbe agire nell’immediato?

«Per evitare di trovarsi ogni anno in una situazione di emergenza è necessaria una programmazione pluriennale, unita a un maggiore coordinamento, anche territoriale, tra Università, Ministero e istituti scolastici. Un altro fenomeno preoccupante è quello della dispersione scolastica: per contrastarla, insegnanti motivati e qualificati sono sicuramente un argine indispensabile».