Luca Corbetta,38 anni, è uno dei tanti rider che ha aderito alle cosiddette “sei giornate di Milano” sostenendo le rivendicazioni del collettivo Deliverance di cui fa parte. Dal 2015 la bicicletta è il suo strumento di lavoro nonostante parli 4 lingue e sia stato modello ed insegnante di danza per lungo tempo. Tutto ciò per i propri cari: «La famiglia la vedo poco, con questi ritmi. Ma è l’unico modo per mantenerli arrivare a fine mese»
La protesta. «Abbiamo fatto saltare le consegne, ritiravamo ai ristoranti il cibo ma non lo facevamo arrivare ai clienti. Oppure spiazzavamo l’algoritmo dandoci presenti fino a un secondo dopo l’ordine, poi sparivamo. Il sistema non può prescindere da noi, è andato in tilt — racconta —. Eravamo nelle piazze della città, italiani e stranieri, fisicamente insieme. Per la prima volta con la sensazione di contare qualcosa».
I rider in questa ultima settimana stanno combattendo per ottenere migliori condizioni di lavoro e rispedire al mittente il nuovo contratto siglato tra Ugl e Assodelivery, che li inquadrerebbe come lavoratori autonomi, ma senza particolari garanzie. «Mancano le ferie, la malattia, la tredicesima, una garanzia in caso di licenziamento. E a conti fatti il compenso è addirittura ridotto rispetto al sistema a cottimo», spiega Luca in un’intervista al Corriere.
Il sogno è quello di un contratto vero. Nel frattempo Just Eat ha annunciato che dal prossimo anno inquadrerà i fattorini come dipendenti e domani si attende un tavolo di confronto con la ministra del lavoro Nunzia Catalfo.