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29. 03. 2024 10:10

Klimahouse Prize 2023, Niccolò Aste: «I giovani architetti ci salveranno»

Il professore del Politecnico al premio di Bolzano: «Edifici sostenibili? A Milano ne vedo pochi e nemmeno costruiti da architetti famosi»

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Un premio per celebrare le aziende che lavorano in modo sostenibile, una critica massiccia a un modello di architettura poco green e una speranza per il futuro, che i giovani architetti possano salvare tutti. Parole e pensieri di Niccolò Aste, professore del Politecnico di Milano e presidente di giuria del Klimahouse Prize, che anche quest’anno ha celebrato i progetti architettonici più innovativi all’interno della fiera di Bolzano.

Klimahouse Prize, il premio per le aziende sostenibili per i progetti architettonici più innovativi

Klimahouse Prize

Professor Aste, com’è nata l‘idea di questo premio?
«Tutto è partito dal nostro gruppo di ricerca, fondato da Federico Butera che è stato uno degli antesignani della sostenibilità in edilizia. E poi il Politecnico è un brand depositario di una certa cultura».

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E a Bolzano avete portato anche gli studenti.
«In questa epoca di “dematerializzazione” l’architetto del futuro si documenta su internet. Ha perso il senso di andare a toccare il materiale. Vedere i nostri studenti che vanno, prendono i campioni, cominciano a guardarli, è un valore aggiunto».

Lei ha detto che a Milano c’è troppa architettura parlata: cosa intende?
«Sostenibile è diventato un marchio. Milano è una città bellissima che assomiglia sempre più a New York o Londra. Però se un grattacielo costruito a New York viene trasportato in un altro clima, in un altro contesto, non funziona».

Si riferisce a qualcosa in particolare (Bosco Verticale, ndr)?
«I riferimenti sono autoreferenziali e lasciano il tempo che trovano. Milano comunque è molto attiva da questo punto di vista, ci sono cantieri dappertutto».

E sull’efficienza energetica?
«Come in tutta Italia c’è molto da fare e come spesso accade c’è un grande gap tra le archistar, che fanno monumenti a se stanti, e l’architettura diffusa, dove invece conta il risultato».

Cosa intende?
«Se in bolletta ho costi pari al doppio rispetto all’anno prima, vuol dire che la riqualificazione energetica non ha funzionato».

Qual è il suo sogno per Milano?
«Che diventi sempre più sostenibile. Però, attenzione, la sostenibilità si pesa, non è una moda. Vuol dire inquinare, consumare e impattare meno. Non è che l’efficienza energetica deve far tabula rasa dell’architettura, però abbiamo bisogno di migliorare».

Cioè?
«Il 42% delle emissioni è dovuto al settore edilizio, si capisce quanto ci sia ancora da lavorare. Dobbiamo rinnovare il modo di costruire per non andare verso la catastrofe, cioè il cambiamento climatico. Non sono parole, lo vediamo tutti cosa accade tra inondazioni, nubifragi e così via».

La soluzione?
«Costruire edifici che consumino meno, che sfruttino le rinnovabili, con materiali a minore impatto ambientale. Secondo me questo è un bel modo di fare architettura, ma è anche necessario».

E a Milano questo “modo” viene applicato?
«Delle grandi architetture sono sempre colpito dalla bellezza ma rimango deluso dall’incapacità di creare edifici veramente sostenibili. Di questi ultimi a Milano, come in Italia, ne ho visti pochi e non da parte delle archistar. Questo è un mio giudizio personale, sottolineo però che la sostenibilità non si attribuisce ma si misura».

Cosa possiamo fare?
«Il sogno è che i giovani, che riempiono i corsi del Politecnico di Milano, ragionino in modo differente. E poi hanno quella spregiudicatezza che a volte può essere un valore aggiunto; sono capaci di fermare Renzo Piano per strada e dirgli che non gli piace quello che ha fatto. Iniziano a porsi domande, un buon punto di partenza».

Ottimista per il futuro?
«Certo. Penso che le cose possano cambiare perché i giovani hanno voglia di cambiare. Ora si guarda più alla sostanza che all’apparenza. I giovani architetti ci salveranno».

 

 

Klimahouse Prize: i vincitori

Il Klimahouse Prize è suddiviso in quattro categorie: vincitore nella sezione Innovation Sogimi con Skala, pannelli fotovoltaici che trasformano il tradizionale involucro in un generatore di energia. Calcedicampo di Calchèra San Giorgio è il prodotto vincitore nella categoria Circle, un composto di materie riciclate derivate dalla filiera agroalimentare e dal laterizio, quali calce e sabbia da gusci d’uova. Per la categoria Market Performance proclamato vincitore Neodur WTRX A del Gruppo Poron, isolante da materie rinnovabili derivanti da biomassa, quali sottoprodotti di rifiuti organici. Infine, tra le startup ha vinto Nazena, azienda che trasforma scarti tessili industriali e vestiti usati in nuovi prodotti.

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