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20. 04. 2024 00:33

Riaprono Parenti e Bagni Misteriosi, Andrée Ruth Shammah: «Qui tutto è possibile»

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«Riapro, è un palcoscenico che sta cercando di parlare e vediamo cosa dirà». Non ha dubbi Andrée Ruth Shammah, non solo una grande regista ma anche regina del Teatro Parenti che ha fatto nascere nel 1972 insieme a Franco Parenti e con Giovanni Testori, Dante Isella e Gian Maurizio Fercioni. Una passione sconfinata per il luogo che la vede protagonista da allora, dove ci ha sempre messo il cuore, dove ha saputo superare momenti di grande difficoltà con coraggio, idee, intraprendenza. Un’insegna diventata ben presto punto di riferimento di vitalità artistica e culturale per Milano. Direttrice artistica, animatrice, organizzatrice: il suo lavoro è costantemente attento a salvaguardare il livello qualitativo e la coerenza culturale che sta alle origini della nascita del Teatro. L’esempio eclatante della vivacità di Shammah è la piscina attigua al Parenti, quei fantastici Bagni Misteriosi che hanno ripreso vita. È solo grazie a lei che l’ex Centro Balneare Caimi è andato a ricongiungersi al Parenti come era in origine, negli anni Trenta. «Se sono dentro una cosa, non c’è nulla che mi dica che è impossibile. E la devo fare bene. Forse più che se fosse casa mia», racconta la regista. In pratica, si è passati dal totale abbandono e degrado a un luogo da sogno e di bellezza dove la gente, nessun privilegiato, può trascorrere del tempo piacevole fra acqua, natura, musica, teatro, poesia. «Bagni Misteriosi è un nome che è venuto dopo averne provati tanti altri. Molto prima che qui fosse tutto sistemato, invitai dei ragazzi di Brera a dipingere i Bagni Misteriosi di de Chirico in riquadri dove c’erano le cabine». Passati gli anni, era misterioso il fatto che ci fossero quei disegni. E il nome inevitabile. Un passo alla volta, tutto si è incastrato.

E ora, da dove si ricomincia?
«Da Filippo Timi: dieci monologhi che raccontano la storia, le tragedie, gli amori di dieci piccole cose, storie che mostrano attraverso il paradosso tante piccole emozioni in un lavoro poetico, comico, struggente. Organizzati ai Bagni Misteriosi, all’aperto, per provare a ristabilire un contatto con il pubblico. All’esterno per non creare angoscia nel pubblico. Ci saranno dei ragazzi, lui canterà probabilmente delle canzoni e con questo andremo al Festival di Napoli. Poi stiamo organizzando un cartellone con titoli lasciati prima del lockdown, come Locke di Filippo Dini».

Per i teatri è stato ed è un momento di sospensione alla vita: è un obbligo riprendere?
«Penso che sia un fatto culturale riaprire, così come andare in sicurezza. Certo, non faremo gli spettacoli che avremmo potuto fare. Ma, ripeto, è un fatto culturale. E stiamo a vedere cosa avverrà, se non ci sarà un’altra ondata, se non richiuderanno. Credo che l’uscita dalla tana sia molto importante perché bisogna cominciare a vivere, me lo prendo come un impegno faticosissimo, ma che bisogna fare. Anch’io ero nella tana. Ma c’è bisogno di vedere le persone, di riprendere i contatti, di salutare un amico. È molto importante». https://www.gioca-responsabile.it/index.cfm

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Cosa significa per lei aprire in sicurezza?
«Sto pensando ad un progetto che potrebbe avere un senso: alternerei i posti a sedere aggiungendo delle lastre in plexiglas. Tutti nella stessa fila, ma distanziati fino ad arrivare a 190 persone nella sala grande, dicono 200 comprese le maestranze. Lo faccio come un grande sforzo, ma penso sia fondamentale dire che non bisogna avere paura di vedere una persona, anzi. Invece di pensare che chiunque sia un untore, mi proteggo e incontro gente alla giusta distanza. Bisogna ricominciare a vivere. È un mio dovere».

I lavoratori dello spettacolo sono stati duramente colpiti.
«È uno dei motivi per i quali riapro. Voglio far lavorare i miei. C’è la cassa integrazione e molti di noi rimarranno in questo limbo. Riaprono i Bagni Misteriosi, il teatro avrà un personale ridottissimo perché non apriamo tutte le sale. Cercheremo di tenere le spese al minimo, faccio lavorare un pò di gente, di tecnici, metto in movimento qualcosa. Mi sono indebitata per allestire un camion-palcoscenico, ci ha creduto da subito anche l’assessore Stefano Bruno Galli di Regione Lombardia. Andremo nei comuni più colpiti, forse partiremo da Codogno o da Lodi. Ci fermeremo nelle piazze con i giovani attori, i comici, le canzoni, le poesie: cose semplici, per portare l’allegria e far uscire la gente dalle case. Ovviamente in sicurezza: un metro è lusso, è il piacere di stare insieme ma non appiccicati, stiamo insieme avendo ognuno il proprio spazio. È un investimento per il domani. Un modo per permettere che il teatro possa continuare a vivere anche in questa strana estate che ci attende. E che potrebbe farci così riscoprire tanta genuinità di una volta».

Lei come ha iniziato a fare teatro?
«Quando racconto i fatti sembra un caso, un insieme di coincidenze. La verità è che, a distanza di tempo, vedi che hai dato la vita per un destino che era questo teatro: pur di farlo vivere ho rinunciato a tutto e mai avrei pensato di starci tutto questo tempo. Se si guardano i fatti, sembra strano dire che è stato solo un caso. Forse una serie di casi e coincidenze che, viste oggi, sono dei destini che mi hanno portato qui. Questo luogo, dai tempi del fascio in poi, era gestito da una società che si chiamava Ars Cinema e Ars sono le mie iniziali, Andrée Ruth Shammah. Stavo benissimo in campagna, stavo bene. E ora sono qua a vedere come riaprire».

Straordinaria a trovare i mezzi anche quando non c’erano, lei si è inventata di tutto e tutto è diventato possibile.
«Dico sempre che, quando le cose sono molto difficili e pensando al momento terribile che stiamo vivendo, quelli che investono ora anche a rischio di rompersi la testa, quelli che si lanciano in avanti quando arriva il momento buono, sono già in posizione. Sto investendo e sto andando a chiudere anche una collaborazione con un teatro a Roma. Non credo che il Covid ci abbia fermati: ha dato delle spinte di altro tipo, inaspettate. Si stanno accelerando tanti passaggi, basta guardare lo smart working, l’uso della tecnologia. E poi, guardando Instagram, in tanti si sono resi conto di quanto sia presente la natura nelle nostre vite: tutti hanno fotografato fiori come se non si fossero mai accorti che esistessero».

La tecnologia non potrà sostituire un teatro, però.
«No, perché non potrà essere sostituita un’emozione e lo stare insieme fisicamente. Rischiando di avere poche persone per volta, prima saranno 20 poi 30 poi 50, ma l’importante è andare avanti».

Adesso è il momento giusto per?
«Per arricchirsi, per non perdere l’esperienza e per ripensare alla società a cominciare dalla sanità. Un’esperienza dolorosa che ci ha insegnato tante cose. Bisogna fare tesoro di quel che abbiamo ora».

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