A quarant’anni dall’ultima mostra milanese, Edvard Munch (Norvegia, 1863-1944) torna a essere protagonista a Milano con una grande retrospettiva. L’esposizione è promossa dal Comune di Milano – Cultura, con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia in collaborazione con il Museo MUNCH di Oslo.
Munch, il ritorno a Milano
Figura centrale nella storia dell’arte moderna, Munch è stato uno dei principali artisti simbolisti del XIX secolo e un precursore dell’Espressionismo. Maestro nell’interpretare le inquietudini e le aspirazioni più profonde dell’animo umano, la sua vita è stata segnata da grandi dolori fin dall’infanzia: la perdita della madre a soli cinque anni, la morte della sorella, il padre, e la tormentata relazione con Tulla Larsen. Questi eventi traumatici alimentarono il suo linguaggio artistico, unendo la sua straordinaria capacità pittorica alla passione per le forze della natura. I volti senza sguardo, i paesaggi surreali e l’uso audace del colore rendono le sue opere messaggi universali che lo consacrano come uno degli artisti più iconici del Novecento.
La mostra, curata da Patricia G. Berman, una delle massime esperte di Munch, con il contributo di Costantino D’Orazio per i testi di approfondimento, esplora il mondo dell’artista attraverso un percorso di 100 opere, tra cui una delle versioni litografiche de L’Urlo (1895), La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922-1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900-1901) e Danza sulla spiaggia (1904).
Ad arricchire l’esposizione, un ampio calendario di eventi culturali estesi a tutta la città, che approfondiranno la figura di Munch e i temi delle sue opere. La mostra è supportata da Statkraft e Generali Valore Cultura, con partner come Ricola, Urban Vision, Frecciarossa e Dimensione Suono Soft.
Munch, la storia
Munch è stato capace di interpretare con intensità e immediatezza sentimenti, passioni e tormenti personali. Inizialmente influenzato dal naturalista norvegese Christian Krohg, che lo incoraggiò nel suo percorso pittorico, negli anni Ottanta dell’Ottocento si recò a Parigi, dove fu influenzato dagli impressionisti e post-impressionisti, sviluppando un uso del colore più emotivo e psicologico. A Berlino, contribuì alla fondazione della Secessione Berlinese e la sua prima mostra personale nel 1892, accolta come scandalosa, lo consacrò come artista rivoluzionario e fuori dagli schemi.
Munch si dedicò alla produzione di stampe e, grazie alla sua sperimentazione, divenne uno degli artisti più influenti in questo campo. Tuttavia, le difficili relazioni amorose, un incidente traumatico e l’alcolismo portarono a un crollo psicologico, che cercò di superare con un ricovero in clinica tra il 1908 e il 1909. Dopo anni vissuti all’estero, tornò in Norvegia, dove realizzò grandi dipinti murali per l’Università di Oslo, riflettendo il suo interesse per le forze invisibili che governano l’universo. Morì nel 1944, un mese dopo aver compiuto ottant’anni.
Munch, la mostra
Nel corso della sua carriera, Munch produsse migliaia di opere, accompagnate da scritti, lettere e appunti. L’urgenza di comunicare il proprio “grido interiore” guidò la sua pratica artistica, che esplora temi universali come la nascita, la morte, l’amore e il mistero della vita, oltre alle turbolenze psichiche connesse all’esistenza umana.
La mostra si concentra su questo “grido interiore”, attraverso cui Munch tradusse esperienze emotive e sensoriali, costruendo scenari con blocchi di colore e prospettive discordanti. Le sue opere, pur esplorando le forze invisibili che animano l’universo, restano attuali, continuando a parlare alle sensibilità contemporanee. Munch ha cercato di rendere visibile l’invisibile, mantenendo una forza comunicativa che ancora oggi tocca profondamente gli spettatori.