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19. 04. 2024 23:13

Album e live a San Siro, il ritorno di Alessandra Amoroso: «Basta subire emozioni: voglio viverle»

Esce oggi Tutto accade, il nuovo album di un’Alessandra Amoroso che non vede già l’ora che sia il 13 luglio 2022: quel giorno diventerà la seconda donna italiana nella storia di San Siro a prendersi il palco in solitaria

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«Mi piace l’idea di farmi travolgere da quello che vivo, dalle situazioni che vado ad affrontare». Mood nuovo, ma non troppo forse, per Alessandra Amoroso che torna oggi con Tutto accade, il nuovo album che fissa a tre anni il distacco da 10.

«Non mi aspetto nulla – racconta a Mi-Tomorrow, cuore a cuore come sempre –, ma sono speranzosa di tornare a vivere di musica live al 100%». Intanto c’è una data, già da tempo: il 13 luglio 2022 San Siro sarà solamente per lei, la seconda donna dopo Laura Pausini nel 2007 a vivere, protagonista in solitaria, la ribalta del tempio italiano del pop. Nell’immediato, tuttavia, occorre capire se ci sarà margine per altre date live. Per altre emozioni. E nulla può prescindere dalla chiarezza delle istituzioni.

Alessandra Amoroso: «Porto avanti il mio volerci essere»

Quanto manca, secondo te?
«Solo qui in Italia si gioca a tombola, non si è molto chiari. Continuerò a spendermi e dire la mia perché non si tratta solo di musica: si tratta di persone, di vita sotto tanti punti di vista. Il mio, ad esempio, è quello di una persona privilegiata, ma dietro lo show che ognuno vede ci sono persone lasciate allo sbando, non tutelate. Vedo, invece, che dall’altra parte del mondo, o banalmente altrove in Europa, si è già tornati a vivere di musica. Questa cosa mi fa arrabbiare».

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Detto da una che non si abbatte…
«Cerco di non perdere la speranza e di portare avanti il mio volerci essere. Poi penso sempre al 13 luglio, a San Siro, a come sarà: sono carica a pallettoni, non vedo l’ora».

Sensazioni?
«Mi trema il cuore, non mi tremano più le gambe perché ho iniziato a vedere le cose per come devono essere viste. Non voglio subire più le emozioni: le voglio totalmente vivere, quasi assaporarle come se avessero un gusto. Le voglio toccare come fossero davanti a me. Immagino San Siro tutti i giorni».

Ci sono brani “sentiti” al punto d’aver fatto fatica a cantarli?
«No, stavolta no. La cosa meravigliosa di questo disco è che si tratta di un album della maturità. E della verità».

In che senso?
«Diciamo che ho raccontato questo mio percorso attraverso la musica ma tanti brani sono arrivati prima che le cose accadessero nella mia vita. Insomma, è stata un po’ una magia: la musica ha anticipato la mia crescita, in una sorta di connessione infinita».

Una magia o, forse, più consapevolezza.
«Eppure non posso non pensare al fatto che la musica mi stesse parlando prima, raccontando già cose di me che poi ho riscoperto all’ennesimo ascolto dei brani».

In canzoni come AleAleAle, Il bisogno che ho di te e Che sapore ha si parla di partire, di andare. Hai superato la voglia di volare?
«La mia paura è sempre stata legata all’aereo, un qualcosa di limitante. Ma ora voglio vivere tutto al 100%: voglio godere di questa vita perché la pandemia ci ha ricordato prepotentemente che oggi ci sei e domani puoi non esserci. Fino a quando avrò questa libertà, voglio viverla senza limiti».

Un cambiamento importante per te.
«Sì. Se ce lo mettiamo nella testa, è la nostra convinzione a comandare tutto. Nel momento stesso in cui tu boicotti questo “ciaone”, devi impedire alla tua mente di boicottare la tua anima. I limiti che ti può dare la testa sono veramente tanti: nel momento stesso in cui impari a non ascoltare la testa ma l’istinto, l’intuito, sei libero. E io mi sento libera».

AleAleAle è anche un brano super estivo. Possibile singolo, no?
«Ci abbiamo fatto un pensiero, ma non era il momento adatto. Anche qui l’intuito mi ha portata a prediligere il racconto delle cose. Ho scelto di “esserci” in un determinato tempo, poi ho preferito sparire perché avevo bisogno di prendermi qualche spazio. Questa è la realtà».

Anche lo stile della tua musica è cambiato.
«La scelta di Dario Faini nel disco non è stata un caso. Volevo proprio unire questi due mondi, quello urban e quello pop, perché ho capito che il mio mondo è fatto di tante sfumature. Lui le ha esaltate».

In Un senso ed un compenso si parla di inadeguatezza e porte in faccia. Oggi sei consapevole al 100% di te stessa?
«Mi do sempre un margine, quindi non è mai il 100% anche perché ogni giorno provo a dare il meglio rispetto a prima. Sicuramente mi sento molto più centrata ed equilibrata e questo è molto importante oggi. Sono completa senza aver bisogno per forza dell’appoggio di qualcuno che può essere un compagno, la famiglia, un amico: in questo momento mi basto. E sono felice con me perché so che quando arriverà la persona giusta sarà il mio valore aggiunto».

L’amore giusto al momento giusto, insomma.
«Per ora non dipende da nessuno se non da me. Ho la fortuna di vivere con un contorno familiare meraviglioso sul quale posso fare affidamento in determinate circostanze, ma come posso far star bene me stessa fondamentalmente lo so solo io. Nel momento in cui arriverà una persona accanto a me, non sarà né avanti né indietro. Sarà accanto, appunto. E mi farà sentire come sono oggi: libera, serena, equilibrata, centrata. Ho voglia di questo, di non essere giudicata, di non essere criticata. Dato che fino ad oggi non è successo, per ora sto bene con il mio cane (ride, ndr)».

Che sapore ha catapulta un po’ negli anni ‘70, quando le radio trasmettevano Mina e Battisti.
«È quella l’atmosfera, sì. Quando Federico Zampaglione mi ha inviato questo “provinaccio” registrato con il telefono, con un memo vocale probabilmente, mi ha lasciata proprio libera di fare ciò che volessi. Abbiamo dato questo sapore retrò grazie anche ai Selton che hanno colorato tanto. Ma devo dire che con “Zampa” c’è di base un totale rispetto e tanta sincerità. Una grande alchimia».

Ti vedo da fuori è una lettera a te stessa?
«Parlo a un’Ale che ha studiato la sua vita e che dice “basta” perché ha deciso di assaporarla in un modo diverso. Vuole riconoscere se stessa e l’altra parte della sua anima, quindi vuole far fare pace a queste due identità dal momento che l’una non esclude l’altra, anzi. Si sono aiutate e addirittura si sono capite: adesso sono tutte e due dentro di lei. Di me».

E poi c’è tua nipote, a cui hai dedicato Il nostro tempo. Quante volte piangerai nel cantarla?
«Spero mai (ride, ndr)! Devo essere onesta: anche se il “tasto” nipote mi provoca tante emozioni, questo brano è soprattutto un regalo che volevo farle. Adesso non lo può capire, è troppo piccola. L’ultima volta mi ha detto: “Zia, mi fai sentire la canzone mia?”. So che la capirà col tempo, crescendo. Amo l’idea che un giorno, nelle difficoltà, possa trovare in quei tre minuti tutti per lei la coccola di cui ha bisogno. Perché deve sapere che zia c’è e ci sarà sempre. Tanti ci dicono che siamo identiche».

In tutte le cose che io so affronti il dolore in una maniera diversa dal consueto.
«Penso che un dolore forte non si possa superare dal giorno alla notte, ma lo puoi accogliere, per quanto possa essere difficile all’inizio comprenderlo. Quando ti manca fisicamente una persona è complicato, quindi ho dovuto comunque fare un percorso dedicato. Si vive un’evoluzione, un periodo di transizione. E il fatto di poter fare, adesso, una carezza a questa cicatrice, donandole una visione positiva, mi ha cambiata parecchio».

Ci vediamo, tra un po’, a San Siro.
«Non vedo già l’ora».

 

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