Si è posizionato a metà classifica – tredicesimo posto – Combat Pop, il brano portato in gara a Sanremo 2021 da Lo Stato Sociale. Lodo, Checco, Albi, Bebo e Carota anticipano così il nuovo album in uscita venerdì in doppio CD, già disponibile sulle piattaforme digitali: Attentato alla musica italiana (Garrincha Dischi/Island Record) è il quarto lavoro del collettivo bolognese.
Siete passati dal «Vivere per lavorare o lavorare per vivere» a «Fare canzoni pop per vendere pubblicità»: si tratta di una evoluzione critica sul sistema?
«Se si smette di criticare si smette di vivere. Criticare per vivere o vivere per criticare? Questo lo lasciamo decidere agli altri. Anche se la parola critica è nota per la sua accezione negativa, crediamo che sia interessante perché fa parte di un confronto necessario con tutto quello che ci circonda per emergere e poi crescere».
Esibirvi senza pubblico dev’essere costato molto per voi.
«Abbiamo lavorato molto di immaginazione, ci siamo adattati a questo “pacco”. Siamo abituati a scrivere e comporre per aggregazione e socialità, per avere riscontri immediati e non averlo fatto quest’anno ha comportato una sfida per rendere ancora più efficace la nostra direzione espressiva».
Ai tempi del MiAmi al Magnolia – era il 2012, tra le vostre prime esibizioni – non piacevate molto. Perché?
«Il nostro far divertire il pubblico dava fastidio a tutti quelli che avevano più esperienza di noi. Avevamo un grande seguito e questo, da parte di una scena dai canoni ben precisi, generava spesso molto odio. Quando succede questo vuol dire che stai facendo qualcosa di significativo, se piaci a tutti vuol dire che hai smesso di funzionare».
Cosa è rimasto in voi di quel periodo?
«La volontà di rompere gli schemi, divertendoci. Da lì ha avuto inizio quella parabola che è andata crescendo fino all’exploit del 2018 con Una vita in vacanza. Poi abbiamo vissuto tutto quello che è arrivato dopo e lo raccontiamo in Combat pop, insieme a tutti i compromessi di trovarsi in questo ambiente».