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20. 04. 2024 02:28

Il Pechino Express di Giorgia Soleri: «Sono un’attivista e Milano è la donna della mia vita»

L'influencer e scrittrice è la protagonista milanese del programma in onda su Sky Uno e in streaming su NOW che quest'anno percorrerà La via delle Indie

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Influencer, scrittrice, e unica milanese in gara. Giorgia Soleri è conosciuta al pubblico per il suo attivismo a favore del riconoscimento delle patologie “invisibilizzate”: la vulvodinia, la malattia cronica di cui soffre, che fa parte del suo viaggio inedito, al fianco della migliore amica Federippi, nella nuova edizione di Pechino Express. Lo show Sky Original, prodotto da Banijay Italia, è in onda ogni giovedì alle 21.15 su Sky Uno e in streaming su NOW.

Giorgia Soleri è la protagonista milanese di Pechino Express – La via delle Indie: «Sono stata male, ma non ho rinunciato a questa avventura»

Pechino Express

Dai social alla televisione. Come hai vissuto questo passaggio?
«Ho scelto di debuttare solo grazie a Pechino Express, l’unico format che avrei mai accettato di fare».

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Come si può essere attiviste con zaino in spalla?
«Senza l’occhio occidentale, ci siamo messe all’ascolto di una cultura diversa dalla nostra. Il nostro è un femminismo intersezionale, che studia le varie discriminazioni, non solo di genere, ma anche il classismo e il razzismo».

Quale Giorgia si scoprirà in questo viaggio?
«Quella più vera. Ovviamente non si può piacere a tutti, ed è giusto così. Ho capito che il confronto aiuta a crescere, quindi sono qui anche per questo».

Ti riferisci a chi, pur non conoscendoti, ti ha giudicata.
«Ho partecipato a Pechino per avvicinarmi a un target differente dal mio, quello dei social, dove mi sono esposta tanto per portare avanti le mie battaglie personali. Spero di riuscire a farmi apprezzare anche da chi ha letto il mio nome solo da un titolo di giornale e, magari, non conosce nemmeno le mie idee».

Perché ultimamente ti sei allontanata dai social network?
«Sentivo il peso del giudizio. Per tanto tempo mi sono sentita dire che la mia esposizione era macchiata da una finta malattia e da un eccesso di protagonismo. Ho rivendicato il mio diritto alla fragilità, alla vulnerabilità. Ho deciso di allontanarmi dai social per tutelare la mia salute, anche mentale».

Quando ha avuto inizio la tua battaglia?
«Ho avuto la prima diagnosi nel settembre 2020».

Perché ne hai voluto parlare sui social?
«Ho iniziato a parlarne per un motivo semplice. Se una ragazza come me, che poteva permettersi visite mediche, sia pubbliche che private, con una famiglia alle spalle, ci ha impiegato dieci anni per arrivare a una diagnosi, tante altre non godono di questa opportunità. C’è chi aspetta anche venti o trent’anni per dare un nome al proprio dolore. Ho parlato per dare voce anche a loro, oltre che al mio sfogo personale».

Da chi ti sei sentita compresa?
«Da chi soffriva della mia stessa condizione. Espormi così tanto mi ha dato modo di conoscere persone straordinarie: il tutto era nato per farle sentire meno sole, ma il feedback è stato che loro hanno fatto sentire meno sola me».

E, da qui, è nato un comitato.
«Quello di Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo. Comprende noi pazienti attiviste, le associazioni che si occupano da anni di queste patologie e una parte di comitato scientifico. Il 3 maggio 2022 abbiamo presentato in Parlamento la proposta di legge per il riconoscimento di queste patologie nei livelli essenziali di assistenza come malattie croniche e invalidanti. In occasioni come quelle ho capito quanto sia importante usare la propria voce».

Ovvero?
«Non è vero che i giovani usano i social solo per apparire. Tanti ne stanno scoprendo l’importanza anche come mezzo per manifestare insieme il proprio disaccordo su una tematica».

Da quale zona di Milano provieni?
«Sono nata al Giambellino, ho vissuto i primi anni nelle case popolari della zona, insieme a mamma e papà, prima che si separassero. A sette anni, poi, ho seguito la nuova vita di mamma in Brianza, ma sono sempre stata una tipa da città, una “bestia metropolitana”: ho sempre amato il traffico, il movimento, la perenne dinamicità di questa città. Non l’ho voluta abbandonare, infatti ho studiato in un liceo di Sesto San Giovanni, a due passi dalla city».

E poi?
«Sono andata a vivere da sola a NoLo, un quartiere meraviglioso in continua espansione. Anche se l’ho dovuta lasciare per amore – oggi vivo a Roma – Milano sarà sempre la donna della mia vita».

Come sopravvive una milanese a Pechino Express?
«Con la sua estrema organizzazione, anche se non è il mio forte. Non ho dimenticato il lato glamour e fashion del mio ruolo e, soprattutto, non ho mai rinunciato alla mia skincare quotidiana».

Come sei riuscita a gestire la tua malattia in viaggio?
«Sono stata male diverse volte, è stato complicato e imprevedibile gestirla, come ogni malattia cronica insegna, ma avevo con me i medicinali. Ho preferito andare e rischiare, piuttosto che precludermi questa splendida opportunità».

Completa la frase “Io sono Giorgia, e sono…”?
«Una donna attivista che rivendica il diritto di essere tante cose, una multipotenziale».

 

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