I teatri non sono pericolosi: la parola ai direttori

Sale chiuse, qualche timore, ma già voglia di ricominciare.

teatro della Triennale
teatro della Triennale

Milano non è più la capitale del teatro italiano, almeno fino al primo marzo anche se il timore è che la situazione possa non sbloccarsi così in fretta.

 

L’ordinanza di Regione Lombardia per contenere l’epidemia di coronavirus, pubblicata la scorsa domenica, ha messo il lucchetto alle sale milanesi. In alcuni casi lo spettacolo pomeridiano è riuscito ad andare in scena, in altri la notizia è arrivata prima dell’inizio, addirittura con il pubblico pronto a entrare in sala, infine c’è anche chi si è portato avanti decidendo in anticipo di annullare la replica in programma.

Danni. La morale, però, non è cambiata, il sipario è stato calato e ora il mondo del teatro milanese si interroga sulle ripercussioni che avrà questa serrata. Per le regioni fermate dalle ordinanze, l’Agis ha calcolato 10,1 milioni di euro persi al botteghino e la cancellazione di 7.400 spettacoli.

Numeri che colpiscono in modo particolare una città teatralmente attiva come Milano. Ma non è solo il male immediato a spaventare quanto la paura che servirà tempo per convincere la gente a tornare in sala, il timore che la psicosi da coronavirus abbia bisogno di più giorni per essere debellata completamente.

Attesa. Resta qualche dubbio sulle scelte della Regione che ha fermato alcune attività e non altre, ma il pensiero prevalente è che uno stop fosse necessario. Teatri chiusi, forse un po’ assopiti, ma attenzione, per nulla rassegnati.

La macchina teatrale milanese continua a lavorare, le biglietterie sono chiuse, ma le vendite online restano aperte, i drammaturghi scrivono, gli attori provano e stasera il Teatro Noh’ma trasmetterà uno spettacolo del 2018 in streaming. L’obiettivo è essere più che mai pronti quando arriverà l’ordine di riaprire e dimostrare al pubblico che non si può avere paura del teatro.


«Troppe contraddizioni»

«Già prima dell’ordinanza ci eravamo posti molti quesiti. Chiunque gestisca un luogo pubblico deve fare i conti con questa storia e noi abbiamo fatto la nostra parte. Ci sono alcune contraddizioni perché si chiudono musei e teatri ma non pizzerie e mercati rionali, bisognerebbe capire i motivi di questa scelta. I danni immediati sono i mancati incassi, gli attori e i tecnici già scritturati e una programmazione che subirà modifiche molto evidenti. La mia paura, però, riguarda soprattutto l’onda lunga che può avere questa chiusura, temo che servirà tempo per riportare la gente in sala. Cercheremo di comunicare la positività dei nostri luoghi».

Emilio Russo, Direttore Teatro Menotti


«Giuste le precauzioni»

«Siamo davanti a un’ordinanza corretta, avevamo già annunciato l’annullamento dello spettacolo di domenica prima che arrivasse. Ora stiamo cercando di sentire la Siae per capire come gestire i biglietti venduti in prevendita. Qualche danno economico ci sarà sicuramente, ma pensare a noi stessi invece di vedere l’insieme è limitante. Sento compagnie dire “Adesso come faremo?”, ma non è solo nostro il problema. Giusto non creare allarmismo, ma forme precauzionali vanno prese. Ora il teatro è chiuso, la nostra tournée è ferma e anche le ospitalità sono bloccate. La compagnia continua a provare mentre negli uffici qualcuno ha preso dei giorni di ferie».

Corrado Accordino, Direttore Teatro Libero e Binario 7


«Voglia di normalità»

«Giusto salvaguardare la salute pubblica e non è compito nostro dire se l’ordinanza sia sproporzionata o meno. Si tratta, però, di un danno incalcolabile e che è solo all’inizio. Noi abbiamo dovuto annullare spettacoli e tournée, anche gli appuntamenti con le scuole sono bloccati fino a metà aprile. Le stime iniziali che abbiamo fatto parlano di 55mila euro di danni. Nel nostro settore è la prima volta che ci troviamo ad affrontare una situazione del genere. È come un agricoltore che si trova colpito da una grandinata pazzesca che gli distrugge il raccolto. Per ripartire confido in una città teatrale come Milano e nella voglia di normalità».

Gaia Calimani, Presidente Manifatture Teatrali Milanesi


«Tocchiamo ferro»

«Sto toccando tutto il ferro possibile, ma temo che la chiusura durerà più di una settimana, noi dobbiamo comunque attenerci alle disposizioni delle autorità. È un momento delicato perché si parla della salute della gente, bisogna stare attenti ma allo stesso tempo non creare troppo allarmismo. La cosa più terribile è proprio il panico, ma lo capisco, siamo una generazione che non ha vissuto grandi catastrofi come sono state l’epidemia di spagnola o addirittura la guerra mondiale. Siamo un po’ impreparati a una cosa del genere. Il paese e le persone subiranno una botta notevole, ma speriamo fortemente nella capacità di reagire del popolo».

Renato Sarti, Direttore Teatro della Cooperativa


«Non è una cosa da poco»

«Trovo un po’ strano che siano stati chiusi alcuni luoghi e altri no sebbene la quantità di persone coinvolte sia la stessa. Una misura forse eccessiva, ma non dico che sia sbagliata. Gli spettatori, gli allievi, le compagnie stesse ci chiedono cosa succederà, ma non sappiamo ancora cosa rispondere. C’era la necessità di fare qualcosa e si è presa una decisione molto chiara. Noi abbiamo fatto saltare cinque matinée, il debutto di uno spettacolo in programma nella nostra sala e due date di tournée, non è una cosa da poco. Amici musicisti e attori mi dicono: “Noi lavoriamo a partita iva? Come facciamo? Salta lo spettacolo ma non ci danno lo stipendio”».

Paolo Trotti, Direttore Teatro Linguaggicreativi