Arriva a Lambrate Anthropoceano il primo murale mangia-smog

Anthropoceano
Anthropoceano

Colori e graffiti con un messaggio per la città passando per l’arte e la bellezza. È la scelta di Federico Massa, in arte Iena Cruz, autore di Anthropoceano, uno dei suoi ultimi murales simbolici, sgargianti con un appello dietro ad ogni colore, scelta di immagine e proporzione. Un’arte che si nasconde, con messaggi non dichiarati dall’autore. Uno strumento estetico, ma anche funzionale per la sensibilizzazione della popolazione, con slogan antismog, contro l’inquinamento, per la salvaguardia del pianeta.

 

Da New York a Roma, passando per Messico, Florida e Spagna: per Iena Cruz è arrivato il momento di lasciare il segno anche nella città di Milano con un nuovo progetto focalizzato sulla diminuzione della plastica monouso. L’arte che trasforma la bellezza in sensibilizzazione: un doppio binario che conduce all’occhio estetico, ma anche al cuore e alla mente che si ferma davanti all’armonia dei colori, dello studio delle dimensioni che però trasmettono un messaggio. Iena Cruz ha presentato a Milano Anthropoceano il primo murale mangia-smog, in via Viotti (zona Lambrate): un’idea nata da diverse collaborazioni che ha permesso alla città di vantare bellezza unita ad un passo verso il futuro.

Cosa l’ha portata a Milano?
«Sono originario di Milano, anche se vivo da dieci anni a New York. L’idea è nata insieme a Worldrise Onlus, con l’intento di sensibilizzare l’ambiente e i cittadini di Milano. Con quest’idea, abbiamo pensato di fare la call Candida il tuo muro. Alla fine ho scelto il muro più significativo e sono soddisfatto del prodotto finale».

Ha utilizzato pitture particolari.
«Esatto: sono in grado di assorbire l’inquinamento. Questo è il secondo muro che realizzo con questo tipo di pittura, dotata di nanotecnologie in grado di lavorare con la luce naturale e artificiale. Abbiamo sviluppato questo lavoro pensando anche all’ambiente».

Come nasce il nome “Iena Cruz”?
«La mia carriera è partita nel 1997, facevo graffiti classici. La mia firma Cruz si è poi diffusa nella street art. Ho creato il mio logo tipo quando sono arrivato a New York. In questa città ho trovato tante possibilità professionali: Iena Cruz è nato qui».

Qual è la base dell’ispirazione?
«Da tanti anni parlo di problematiche ambientali, di animali in via d’estinzione e dell’impatto dell’uomo sull’ambiente. Il nome del murale di Lambrate è Anthropoceano. In questo nome c’è il termine antropocene, ovvero l’era geologica che stiamo vivendo. Il periodo che stiamo passando comprende purtroppo un’invasione sempre più importante dell’uomo sulla fisionomia della terra».

Che tipo di feedback ha ricevuto in questi primi giorni?
«Diciamo che in questo momento mi sento molto supportato. La gente che mi conosce da tanto tempo apprezza l’evoluzione di questi anni. Il mio stile coinvolge tante persone perché cerco di unire numerose sfaccettature. Sono un artista in continua ricerca, mi piace stare al passo con i tempi».

Quindi non ha uno stile “bloccato”.
«Voglio evolvermi continuamente, non voglio fermarmi ad un punto e non andare più avanti. C’è sempre tempo per migliorarsi e scoprire nuovi volti, anche nell’ambito lavorativo».

Ha già qualche progetto per il futuro?
«Sto preparando qualcosa, anche per Milano».

Quante possibilità ha trovato qui?
«L’Italia e dunque anche Milano stanno reagendo bene alle tematiche che tratto. Anche fuori dall’Italia ci sono possibilità, ho lavorato tanto all’estero e ho conosciuto realtà importanti».

Nei suoi murales prevale il colore. È un caso?
«No, prediligo i colori in tutte le mie opere e non dipingo mai in bianco e nero. Ne utilizzo sempre il più possibile, l’accostamento dei colori è qualcosa di personale che varia in base all’umore e al periodo della mia vita. I colori condiscono il messaggio, per questo sono in primo piano». g

Un’opera alla quale si sente particolarmente legato?
«Ogni opera rappresenta un piccolo tassello della mia evoluzione, è un po’ come un black note. C’è sempre un riferimento ben preciso, ogni piccolo passaggio mi ha portato all’evoluzione professionale. Non mi sento un artista completo e definito, ogni opera appartiene alla mia crescita».


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