Liliana Segre e gli insulti social: abbiamo un dovere morale

fedez invita liliana segre

«L’odio, l’odio, l’odio… è questo il rumore delle ruote del treno che ti portava all’interno dei campi di sterminio. E all’arrivo trovavi un mondo di odio che dalle parole era passato ai fatti. Operaia ad Auschwitz, camminavo con altre giovanissime prigioniere per recarmi nella fabbrica di munizioni: coetanei tedeschi ci sputavano addosso rivolgendoci delle parolacce orribili, ci odiavano al punto tale che sentivano il bisogno di insultarci. Una volta tornata ho taciuto per 45 anni, non trovavo le parole, ma quando sono diventata nonna ho ripensato a quei ragazzi educati all’odio e ho capito che non li odiavo più. Mi fanno una gran pena e questo mi succede anche oggi con gli odiatori».

 

Questa è Liliana Segre, ieri all’Università Iulm per il seminario Dal binario 21 ad Auschwitz. Il linguaggio dell’odio. In rete si contano ogni giorno più di duecento insulti di carattere antisemita alla Segre, sopravvissuta all’Olocausto e oggi senatrice a vita di 89 anni.

L’ha evidenziato un report dell’Osservatorio Antisemitismo, al quale ha fatto seguito la presa di posizione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha invitato tutte le forze politiche ad introdurre delle norme per contrastare il linguaggio dell’odio. A Milano c’è il Memoriale della Shoah, al Binario 21 della Stazione Centrale. Vi accoglierà la parola “indifferenza”, la matrice della violenza e dell’odio, dice Liliana Segre. Incontrarsi lì è un dovere morale.


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