Milano-Cortina, molto più di cinque cerchi

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Continua in questi giorni la lunga marcia di Milano-Cortina per conquistare l’Olimpiade invernale del 2026. Dossier, progetti e un lavoro diplomatico incessante per donare alla nostra città un evento unico, irripetibile e globale.

In caso di vittoria, sarà decisivo poi pensare a come far sì che il successo possa essere un’opportunità per tutta la città. Organizzare un’Olimpiade ha effetti notevoli sull’urbanistica, sull’aspetto stesso delle città.

Ci sono esempi virtuosi, come Barcellona, rinata dopo 1992, o Londra e la nostra Torino. Ce ne sono altri decisamente meno incoraggianti (Rio, Atene). Sala lo sa bene e lo ripete ogni volta che si tocca l’argomento. A proposito, sarebbe interessante legare l’organizzazione olimpica allo sviluppo e all’incentivo dello sport di base in città.

Chi pratica sport o chi ha figli impegnati in attività sa che a Milano c’è un deficit di strutture, spazi. Le associazioni sportive, i club, le squadre spesso incontrano numerose difficoltà, economiche, gestionali, organizzative.

Nella trasformazione urbanistica perché non tenere conto di questo? È possibile immaginare un “onere sportivo” per chi costruirà in città da qui al 2030? Incentivare aziende, costruttori, imprenditori a sostenere lo sport di base, in particolare quelle discipline meno famose ma non per questo meno nobili (pensiamo alle difficoltà che incontra la scherma in città, per esempio).

L’attività fisica è fondamentale, soprattutto per i più piccoli, non solo come svago ma come primo passo per tutelare la salute. È infatti provato che la sedentarietà incrementa il rischio di molte malattie. Una città in cui è più facile correre, giocare, imparare una disciplina è anche una città più sana. Un ultimo aspetto.

A Milano ormai la quasi totalità dei campi di calcio è sintetica: ma è davvero così inevitabile o si può immaginare che in futuro tornino anche i campi in erba vera?


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