E’ iniziato un anno carico di attese, o forse meglio pieno di aspettativa di ritorno a un barlume di normalità. Eppure i problemi restano, anzi ormai diventano vecchi insieme a noi. Tante sono le questioni materiali che ci riguardano da vicino, e anche da vaccino: la scienza ha fatto il suo, trovando l’antidoto al virus, ora toccherebbe alla politica organizzare la distribuzione e la somministrazione.
Ma, da come è iniziata la campagna vaccinale in Lombardia, non c’è da stare molto sereni: i ritmi e la reattività della risposta sembrano i soliti da dieci mesi a questa parte, ed è preoccupante, anche per alcune improvvide (e purtroppo abituali, ormai) dichiarazioni da parte dei responsabili.
Poi ci sono temi economici: riponiamo molte speranze nel Recovery Fund, tanto che ormai per alcuni è una figura mitologica. Ma quali saranno i progetti, quali ricadute avranno sul territorio? Quali sono le attese, le richieste di Milano in merito? Quale ruolo potrà e dovrà avere la nostra città nella ripresa lombarda e italiana?
C’è infine un tema che riguarda il dibattito pubblico. Dall’inizio della pandemia a oggi non si è ancora riusciti a spezzare il dualismo tra due posizioni morali: quella di chi è preoccupato per la salute personale e pubblica e quella che invece punta di più sulla libertà personale.
Le divisioni morali non portano a vie di uscita, perché si cristallizzano e non sono espressione di un sistema di idee, verrebbe quasi da dire di ideologie, ma esprimono al massimo pulsioni valoriali. Invece nel futuro, questa è più che una possibilità, vincerà chi saprà ricostruire sistemi di pensiero che prescindano dalle emozioni del momento, dalle oscillazioni della cronaca, dei social, e che immaginino il domani e definiscano possibili nuove traiettorie.