Valeria Orani, il teatro e la Mela: «Ma quel Capodanno del ‘90 a Milano…»

Valeria Orani
Valeria Orani

Quando Valeria Orani scoprì le strade di Milano era il Capodanno 1990. Lavorava per uno spettacolo teatrale di fine anno «che finì prima di mezzanotte: mi ritrovai senza programmi e finii in piazza Duomo». Trent’anni dopo, quella ragazza sarda un po’ spaesata è diventata una produttrice teatrale a New York. E in occasione della Settimana della Lingua Italiana, che si concluderà venerdì, è stata organizzatrice di un evento all’Istituto Italiano di Cultura con l’attrice Isabella Ragonese.

 

Che Valeria volesse fare teatro lo aveva capito fin dal primo giorno, a Cagliari. Aveva 14 anni. «Ma solo quando mi trasferii dissi: questa cosa qui è mia». La Milano che vive «è la realtà elegante dell’ultima Milano da bere» dove «ho raccolto tanti aneddoti che hanno solleticato la mia fantasia». Il suo maestro è Fulvio Fo, fratello di Dario. E grazie al teatro «ho scoperto presto che tutto fosse effimero, anche la ricchezza: è la base su cui si fonda il mio amore per questo mestiere».

Parte come segretaria di compagnia e organizzatrice. Diventa produttrice esecutiva. Erano gli anni in cui a Milano, con la cultura, si potevano fare tanti soldi anche se giovani. «Negli ambienti teatrali mi chiamavano “la bambina”, perché ero sempre quella più piccola del gruppo». La più piccola, ma con tante responsabilità: «La mia sfida è stata dividere l’idea che tutti avevano di me, della giovinetta, dal fatto che fossi la loro responsabile». La svolta arriva con l’attore Alessandro Benvenuti.

«Ho trascorso i miei anni milanesi chiedendomi cosa volessi diventare: grazie ad Alessandro l’ho capito». Finita la parentesi milanese, Valeria si trasferisce a Roma come produttrice esecutiva della società di Benvenuti. E qui comprende la visione del suo teatro. «Unire quello di innovazione con quello di tradizione: non ho mai sopportato la dualità del mondo ricco da quello povero e non credo possano esistere confini».

Sono anni intensi, quelli romani. Nel 2003 fonda l’associazione – poi diventata società – 369 gradi, presentata alla prima edizione delle Buone Pratiche in Paolo Grassi a Milano. «Un luogo in cui gli artisti ai primi passi potevano sviluppare il loro lavoro attraverso la guida di chi quegli spazi glieli concedeva». Nel 2009, rileva la produzione di Benvenuti. E nel 2014 ecco il grande salto un po’ per caso: Manhattan. «Ho visto in questa città l’occasione di ampliare il raggio della mia visione artistica».

Valeria si trasferisce a New York dopo un viaggio come turista. È affascinata dal «fermento artistico della cultura pop», ma quando si stabilisce è un po’ spiazzata: «La città che pensavo di vivere non c’era e ho trovato una realtà ostica». Una città dove, però, c’è «uno spirito che nemmeno la mia Milano aveva avuto: NYC dialoga con chi la abita e premia gli audaci».

Qui prosegue con le attività della sua società italiana e fonda Umanism, una realtà che offre servizi di consulenza per attività culturali e con cui è stata recente protagonista all’Istituto di Cultura di New York. «Non sono ancora riuscita a capire appieno questa città e di certo non si apre all’avventura come pensavo. Ma è un ambiente dove non hai alternativa se non quella di crescere». Il presente di Valeria è diviso tra Manhattan e Milano, dove sta producendo un nuovo spettacolo con Antonio Marras. E domani? «Sono affascinata dall’idea di tornare a Cagliari, è una vita che sono in giro». Ma «questa Milano è il mio nuovo riferimento in Europa».

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ALL’ISTITUTO
«Lo spettacolo On a Solitary Beach è un viaggio in omaggio alla lingua italiana nel teatro e, in particolare, a Camilleri». L’evento all’Istituto Italiano di Cultura a New York rientra nell’ambito della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, che si concluderà domani. Organizzato da Valeria in collaborazione con l’Italian Playwritght Proect, ha visto come protagonista l’attrice palermitana Isabella Ragonese.

L’ANEDDOTO
La Milano che ha vissuto da ragazza è stata ricca di aneddoti. Ne ricorda uno in particolare con un sorriso, quando Fulvio e Dario Fo, Giustino Durano e Mario Carotenuto trascorsero una notte vestiti da sceicchi. «Non si cambiarono dopo uno spettacolo e presero 20 taxi con 20 ballerine fingendo di voler prenotare delle stanze di hotel». Non finì bene: «Li portarono in un commissariato di polizia».

NUOVA MILANO
Negli ultimi mesi Valeria ha intensificato il suo rapporto con Milano, per la produzione dello spettacolo Mio cuore io sto soffrendo, cosa posso fare per te con Antonio Marras. «È un po’ come se stessi ritornando quella ragazzina di Cagliari del 1990, di nuovo».

foto: Daniela Zedda


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