I test salivari possono essere considerati un’opzione per il rilevamento dell’infezione da SARSCoV-2 qualora non sia possibile ottenere tamponi oro/nasofaringei, ma vanno utilizzati preferibilmente entro i primi cinque giorni dall’inizio dei sintomi. Con una circolare ad hoc il Ministero della Salute ha ufficialmente sdoganato l’utilizzo dei tamponi salivari per diagnosticare l’infezione da Covid-19.
Come si utilizzano i test salivari?
Il test, in particolare, viene indicato come utile per “screening ripetuti” per motivi professionali o di altro tipo, sugli anziani o disabili e sui bambini in ambito scolastico. Alcuni studi hanno rilevato sensibilità comprese tra il 53 e il 73%. La circolare, ribadendo che il test molecolare su campione nasofaringeo e orofaringeo rappresenta il gold standard internazionale per la diagnosi in termini di sensibilità e specificità, indica l’obbligo di tracciabilità di tutti i test, compresi quelli salivari, nei sistemi informativi regionali.
L’analisi dei campioni
Gli esiti dei test molecolari su campione salivare, anche se effettuati da laboratori, strutture e professionisti privati accreditati dalle Regioni, devono essere inseriti nel sistema informativo regionale di riferimento.
«L’uso della saliva per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 prevede un metodo di raccolta non invasivo, tuttavia la corretta raccolta del campione salivare è un passaggio cruciale – si legge nel documento -. I campioni di saliva possono essere eterogenei (saliva orale, saliva orofaringea posteriore) e le diverse tecniche e sedi di raccolta possono avere un impatto sulla sensibilità del metodo». Inoltre i campioni di saliva possono essere mucosi e viscosi, determinando difficoltà di lavorazione con i metodi e le attrezzature automatizzate di estrazione dell’RNA o di estrazione/amplificazione esistenti.