Noci (Politecnico): «Fidatevi di Elliott e Suning»

Suning
Suning

Sul fronte calcistico è stata l’estate del fallimento del Milan cinese e quella dell’oculatezza dell’Inter di Suning. Il futuro che attende le due squadre milanesi è molto chiaro: da una parte i rossoneri guidati da Elliott con un piano industriale almeno triennale, dall’altra parte del Naviglio i nerazzurri che punteranno ad espandere il brand in Asia. «È lo scenario più verosimile», spiega a Mi-Tomorrow il professor Giuliano Noci, prorettore e ordinario in Ingegneria Economico-Gestionale al Politecnico di Milano.

Professore, partiamo dal fallimento di Yonghong Li: era prevedibile?

«Premesso che frequento la Cina da diciassette anni e non hai saputo chi fosse questo personaggio, avevo previsto tutto il 16 agosto dell’anno scorso, beccandomi insulti da tutti i milanisti».

Aveva pronosticato il fallimento?
«Il conto economico non stava in piedi, c’erano 330 milioni prestati da Elliott con l’11% di interessi. Il fondo di Singer era l’azionista di riferimento e tale si è rivelato».

Allora perché Li si era imbarcato in questa situazione?
«In assenza di altri elementi che possano portarci su altre strade, credo che avesse l’obiettivo di andare rapidamente alla quotazione e poi specularci. Fino a due anni fa la finalità dei cinesi era quella di acquisire imprese europee, soprattutto italiane, con potenziale di mercato ampio, portarle poi a quotarsi a Hong Kong o a Shanghai. A Mr. Li, che versava già in una leva finanziaria esasperata, è andata male».

Che cosa c’è da aspettarsi da Elliott?
«Ci sono presupposti robusti e solidi, sia sotto il profilo sportivo che sotto quello manageriale. Emerge con chiarezza la volontà di avvalersi di gente seria come Leonardo e Maldini, per non parlare della presidenza indiscutibile di Scaroni».

Insomma, i tifosi rossoneri possono essere ottimisti?
«I tifosi sono troppo abituati a guardare le squadre di calcio come fenomeno sportivo, ma ottenere risultati sul campo passa ormai dalla trasformazione dei club in società di intrattenimento. A meno di fortunate coincidenze, non bisogna attendersi che un piano industriale produca risultati immediati. Nemmeno la Juventus è arrivata, dopo sette anni, a centrare tutti gli obiettivi».

Quale interesse avrà Elliott a tenersi una squadra di calcio?
«Elliott è interessato ad un piano di almeno tre anni, se non cinque, per valorizzare l’investimento fatto. Ci hanno visto bene, hanno messo 330 milioni, chiedendo a Mr. Li interessi e forse anche gli investimenti che fece l’anno scorso, sapendo che il valore del Milan è incommensurabile. Proprio in Asia c’è un potenziale pazzesco da esplorare».

E’ finita l’epoca dei “benefattori del pallone”?
«Certamente, è proprio archiviata. Gestire una squadra di calcio, nel 2018, prescinde dalla vanità di qualsiasi imprenditore».

Passiamo a Suning: si aspettava la loro gestione oculata?
«Suning è uno dei grandi colossi della Cina, un soggetto visibile e trasparente, capace di progetti industriali concreti. Sanno cosa significa fare business, conoscono il potenziale dell’Inter in Asia, ma sono attenti alla creazione di una sostenibilità. Hanno cominciato a costituire le scuole calcio in Cina per allargare la comunità di tifosi. Penso che tutto questo porterà grosse soddisfazioni ai tifosi, ma è impensabile ottenere risultati in breve tempo. Occorre pazienza, ma il piano è strutturato».

In generale, perché assistiamo ad un arretramento degli investimenti cinesi nel pallone europeo?
«Il Governo cinese non ha gradito spese tradotte in colossali perdite. Lo sport è soggetto a restrizioni, il che renderà selettivo ogni investimento futuro. Avverranno in grandi squadre, con quote di controllo e con un piano industriale serio. Per superare il vaglio delle commissioni di Pechino occorreranno questi requisiti».

Mica i cinesi comprano di tutto e di più?
«Non è più così. Ci furono comportamenti analoghi dieci anni fa nel mondo dell’industria: grande euforia iniziale, poi si accorgono che non c’è nulla di semplice e diventano selettivi. Sul calcio Milan e Inter hanno perso un’occasione perché nel 2006 si poteva comprendere la portata del fenomeno asiatico: si è perso un treno…».

Anche a Wanda non sembra andare benissimo sul fronte tv…
«Non basta avere soldi, bisogna conoscere il mercato. L’Europa è molto poco conosciuta dagli interlocutori cinesi, ne incontro ancora tanti che non si immaginano i mostruosi apparati che governano gli Stati del Vecchio Continente. Entrare nell’industria dei media significa entrare nel cuore della complessità europea. Occorre mediazione culturale, è molto difficile come è faticoso gestire il day-by-day con interlocutori cinesi».

Il curriculum
A capo del Polo territoriale cinese dell’ateneo milanese

Mantovano classe 1967, Giuliano Noci è professore ordinario in Ingegneria Economico-Gestionale. Aattualmente insegna Strategia & Marketing presso la School of Management del Politecnico di Milano. Dal 2011 è Prorettore del Polo territoriale cinese dell’Ateneo milanese, dove è stato anche delegato del Rettore per la Federazione Russa e l’India. In occasione di Expo 2015 è stato Presidente di Explora, società creata per valorizzare in chiave internazionale l’offerta turistica e culturale dell’Esposizione Universale di Milano. E’ grande conoscitore del mondo imprenditoriale cinese.