La scuola cambierà il mondo? Ottant’anni dalla giornata dello studente

Correva l’anno 1939 ed il mondo scopriva la nefandezza della Seconda guerra mondiale. Nella vecchia Cecoslovacchia scoppiava una coraggiosa manifestazione studentesca antinazista repressa dal regime nel sangue. Il 17 novembre, senza alcun processo, vennero così giustiziate nove persone tra studenti e professori. Pochi lo sanno, ma proprio in memoria di quest’evento venne istituita la giornata internazionale dello studente. Un’occasione per ricordare l’importanza del diritto allo studio e della cultura come elemento alla base della formazione delle nuove generazioni per un futuro senza più discriminazioni ed orrori. Come il nero nell’abbigliamento, anche la tematica “scuola” non passa mai di moda.

 

Gli ultimi anni ci hanno abituati a piazze piene di studenti in protesta. Cambiano i governi, ma le motivazioni hanno sempre un minimo comune denominatore: fondi scarsi, pochi investimenti e strutture pericolanti. Il dito degli studenti non si rivolge, però, esclusivamente a tutti questi deficit.

C’è un discorso più sottile che esprime la preoccupazione di uno snaturamento della funzione scolastica. Le aule non sembrano più i luoghi in cui si formeranno i cittadini del domani, ma angoli angusti relegati ad un semplice sapere nozionistico. Come avrebbero detto quei più famosi studenti capelloni che volevano al “potere la fantasia”: «Nella scuola non è permesso lo sviluppo di una coscienza critica».

È veramente così? Ci siamo seduti tra i banchi degli studenti della Statale di via Festa del Perdono, per la precisione sui muretti dove spesso stazionano tra una lezione e l’altra. Il sentore comune è quello di una facilità d’accesso all’istruzione per chiunque, ma al tempo stesso in molti sono concordi nell’affermare il bisogno di ulteriori interventi. I dati in fondo non smentiscono troppo le loro sensazioni: mentre nel resto d’Europa gli Stati investono circa il 6% del proprio Pil nell’istruzione, in Italia la soglia si ferma appena al 3,5%.

Quello di Milano è stato indubbiamente un “autunno caldo”, sia per le condizioni climatiche anomale, sia per l’escalation di scioperi che si sono susseguiti dall’inizio dell’anno scolastico. Clima e scuola, due elementi apparentemente così lontani, si corteggiano ed abbracciano rivolti ad un orizzonte comune: il futuro. Fridays for Future, il movimento iniziato dalla temeraria attivista Greta Thunberg è diventato un fenomeno mondiale in grado di coinvolgere in prima linea milioni di studenti.

Il tempo per la Terra sta per scadere: chi la salverà? Marracash, uno degli idoli musicali delle nuove generazioni, nel suo ultimo pezzo dedicato proprio all’attivista svedese lancia un iperbolico beat tra i bassi di un sussurrato «ce la posso fare!» controbilanciato da «la mia razza si estingue». La realtà, però, corre al di là della metafora delle note musicali e gli studenti si ritrovano davanti ad un bivio tra l’agire e il non agire. Che lo si voglia o no, il futuro è realmente nelle loro mani.

Gli osservatori si interrogano su quanto ancora potrà durare questo movimento green e se porterà tanta pressione da determinare un cambiamento. Trovare delle risposte non è semplice, ma la storia ci lascia qualche indizio: nel famoso ’68 furono proprio gli studenti a scendere per le strade per reclamare una società diversa. Non cambiarono il mondo, ma senza loro tante conquiste non sarebbero state possibili.

Cronistoria di
un autunno caldo

27 settembre 2019
Secondo appuntamento internazionale per il Fridays for Future. Così come in altre 160 piazze italiane, a Milano si sono radunati migliaia di studenti per alzare la voce contro il cambiamento climatico. Secondo le stime i partecipanti sono stati intorno ai 100mila

18 ottobre 2019
Nuova mobilitazione contro i tagli all’istruzione e l’inadeguatezza delle strutture scolastiche. Lo sciopero diventa anche un momento per protestare contro la guerra in Siria

25 ottobre 2019
Gli studenti si uniscono allo sciopero generale indetto dalle principali sigle sindacali

8 novembre 2019
Ancora un ulteriore sciopero contro la mancanza di investimenti nel comparto

VOX POPULI

Giuseppe Banchieri
Giuseppe Banchieri

«Un supporto psicologico»
Giuseppe Banchieri
23 anni, studente di filosofia
«Credo che il diritto allo studio debba essere garantito prima di tutto partendo da una migliore distribuzione delle tasse, in maniera tale da permettere l’accessibilità all’istruzione a tutti quanti. Le istituzioni scolastiche devono mostrare una maggiore vicinanza nei confronti degli studenti. Una valida iniziativa sarebbe, ad esempio, la promozione di un servizio di supporto psicologico per essere accanto ai giovani che sempre più spesso soffrono di depressione e alienazione».

Luigi Grisolia
Luigi Grisolia

«Che ansia per il futuro»
Luigi Grisolia
22 anni, studente di filosofia
«Troppe tasse e strutture sovraffollate. Sono di Napoli e sicuramente posso affermare che rispetto alla Campania le rette qui sono di gran lunga più alte. Ovviamente il servizio offerto è migliore, ma credo che i fondi per l’istruzione debbano essere divisi in maniera più equa su scala nazionale. Tasto dolente è l’incertezza del futuro. Noi provenienti dalle scienze umanistiche vorremmo avere più garanzie e non scendere sempre a compromessi con il mondo del lavoro».

 

Osvaldo Varreschi
Osvaldo Varreschi

«Un’opportunità per tutti»
Osvaldo Varreschi
24 anni, studente di lettere
«Vedo l’università e il mondo dello studio in generale come una grande opportunità per tutti noi. Non lo è esclusivamente dal punto di vista dell’accrescimento culturale, ma soprattutto come importante momento di confronto tra coetanei. Per questo motivo il diritto allo studio dovrebbe essere garantito a chiunque, senza alcun tipo di discriminazione. E poi dovrebbe esser presente una maggiore meritocrazia. L’impegno e la fatica di molti studenti dovrebbero essere riconosciuti un po’ di più».

Giulia Zanchetta
Giulia Zanchetta

«Viva l’uni pubblica»
Giulia Zanchetta
24 anni, studentessa di lettere
«Parlando di diritto alla studio vorrei spezzare una lancia a favore dell’università pubblica. Alcuni istituti, come la stessa Statale, avranno una serie di carenze e disservizi, ma offrono a tutti la possibilità di accedere allo studio. Forse a volte la situazione che lo studente si troverà davanti a sé risulterà confusionaria, ma imparando ad organizzarsi si riesce a svolgere anche qui il proprio percorso accademico. Inoltre il livello d’insegnamento non ha nulla da invidiare alle private».

Sara Bazzoni
Sara Bazzoni

«Ancora troppe barriere»
Sara Bazzoni, 20 anni
studentessa di lettere
«L’università pubblica garantisce il diritto allo studio a tutti indiscriminatamente. Il risvolto della medaglia è che la scelta della facoltà non è completamente libera e persistono delle barriere. Ho dovuto scegliere il corso di lettere perché purtroppo quello di scienze della comunicazione garantisce solo 250 posti su 4.000 richieste ogni anno! Non tutti hanno la possibilità di versare una retta da 8.000 euro per andare allo Iulm. Insomma, in tema di accessibilità c’è ancora molto da fare».

Andrea Randisi
Andrea Randisi

«Per una coscienza critica»
Andrea Randisi
19 anni, studente di filosofia
«In Italia per fortuna l’istruzione pubblica garantisce il diritto allo studio anche a chi è in situazioni economiche poco favorevoli. La questione più spinosa è la concezione della scuola in sé. Non può, come spesso accade, essere interpretata come un contenitore di ragazzi a cui vengono impartite delle nozioni che sfrutteranno un domani come competenze sul lavoro. La scuola deve essere prima di tutto un luogo in cui si possa creare una coscienza critica e formare così i cittadini del domani».

Elia Rover
Elia Rover

«A scuola di convivenza»
Elia Rover
19 anni, studente di filosofia
«La vita dello studente è un percorso pieno di stimoli e devo ammettere che qui in Statale ne ho sempre di nuovi. Non posso però dire che sia dappertutto così. Ad esempio vengo da una realtà provinciale, in cui la scuola è sempre stata vissuta come un luogo in cui apprendere nozioni ed essere valutati unicamente attraverso ai voti. Spesso le istituzioni non riescono ad insegnare valori come l’empatia, la socialità, la convivenza. Tutti elementi essenziali per la formazione di un individuo».

Alice Betton
Alice Betton

«Per leggere il mondo»
Alice Betton
19 anni, studente di filosofia
«L’importanza del diritto allo studio la si comprende solo con gli anni, quando finalmente il percorso scolastico diventa anche fonte di stimoli. Spesso nella scuola primaria e secondaria questo non accade, preferendo optare semplicemente per i contenuti nozionistici. Oltre a tutto ciò, la scuola dovrebbe esaltare le peculiarità di ogni singolo, permettergli di esprimere la sua interiorità e renderla fruibile agli altri. Solo permettendo agli studenti di leggere il mondo, si formeranno come persone».


www.mitomorrow.it