Contagiati da legare? Cosa pensano i milanesi della prospettiva TSO

TSO, un dispositivo da smitizzare. E che i milanesi sembrerebbero accogliere di buon grado

«Il ricovero deve essere coatto, lo dico a Roma». Sono state le parole colme d’ira del governatore veneto Luca Zaia in seguito allo scoppio di un nuovo focolaio dovuto alle leggerezze di un imprenditore vicentino di ritorno dalla Serbia. L’uomo, dopo il viaggio nei Balcani, era rientrato accusando i sintomi del Covid e nonostante la febbre aveva rifiutato di ricoverarsi in ospedale. Nel giro di pochi giorni, è riuscito a contagiare oltre 80 persone. Da questo casus belli la volontà di introdurre il TSO per tutti coloro che rifiutano la quarantena.

 

Contagiati da legare? Sul tavolo la proposta del TSO in caso di rifiuto delle cure anti-Covid

Proposta di successo. L’appello lanciato da Zaia non è rimasto inascoltato: nel giro di pochi giorni la proposta è arrivata fino a i banchi del ministero della Salute, dove Roberto Speranza ha già ammesso di valutare «con l’ufficio legislativo l’ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori nei casi in cui una persona debba curarsi e non lo fa». Nonostante i dati sull’andamento epidemiologico dell’ultimo mese siano positivi, c’è ancora molta apprensione per una tanto temuta seconda ondata. Negli ultimi giorni alcuni campanelli d’allarme sono squillati creando non poche preoccupazioni: dopo i casi di Bologna e del già citato Veneto, un nuovo focolaio si è manifestato nella provincia di Mantova tra i salumifici di Viadana. Per questo motivo il Ministero della Salute tiene in considerazione tutte le soluzioni possibili per contrastare la diffusione del virus, compreso il TSO.

Palla ai Comuni. Certo, è bene ricordare che la legge prevede il “reato pandemico” che infligge ai trasgressori della norme anti-Covid una pena dai 3 a 18 mesi con tanto di ammenda fino a 5.000 euro. Ma per Speranza l’attenzione non è mai troppa e, parafrasando Papa Francesco, ammette che «peggio di questa crisi, c’è solo il rischio di perderla». Tra i sostenitori del TSO si è schierato anche Antonio Decaro, il sindaco di Bari presidente dell’Anci: «È giusto che nella seconda fase, per aiutare a controllare i focolai, ci sia stato dato il potere di disporre velocemente un TSO». In effetti la disposizione del Trattamento sanitario obbligatorio spetta direttamente ai sindaci su segnalazione dell’azienda sanitaria locale o di un medico.

Secondo loro. Con l’ultimo decreto “Cura Italia” sono stati inoltre ampliati i poteri dei Comuni in materia di sanità locale soprattutto nelle azioni di prevenzione alla diffusione del virus. Decaro rassicura che la questione della violazione delle libertà personali non passerà in secondo piano, dal momento che «un magistrato convaliderà il TSO». È questa una garanzia valida per la tutela delle libertà personali? Oppure si rischia di avere sempre più sindaci sceriffi? Ai milanesi questo aspetto sembra poco interessare: la priorità rimane il controllo e il debellamento del virus. Dalle voci raccolte da Mi-Tomorrow, quasi la totalità degli intervistati si dichiara pienamente convinta dell’utilità del dispositivo.

8 domande a… Marcello Tavio, Presidente SIMIT (malattie infettive e tropicali)

Come si fa a rifiutare delle cure?

Marcello Tavio
Marcello Tavio

Che cosa ne pensa della proposta del governatore Zaia?
«Credo sia necessario partire dallo scopo di un TSO: serve per ridurre al minimo i rischi relativi alla salute pubblica. Quando parlo di salute pubblica faccio riferimento ad una valutazione che tenga in considerazione della salute del paziente e dei rischi per la collettività».

Non la reputa una misura un po’ troppo estrema?
«È indubbiamente una misura estrema che va utilizzata in casi estremi. Io, durante la mia carriera, mi sono ritrovato a chiederla un’unica volta per un caso di tubercolosi».

E il Covid può rientrare nella categoria?
«Possono ricorrere gli estremi, in alcune situazioni. Tuttavia non bisogna guardare al TSO come un atto di prepotenza, bensì come una misura estrema suggerita dall’autorità medica e attuata dai sindaci per far fronte ad una situazione che può mettere a rischio il singolo e la comunità».

Quello del Veneto può, quindi, essere definito un caso estremo?
«Se si pensa a ciò che è successo, ai contagi che ha scaturito la negligenza del positivo, potrei dire che gli estremi ci sono. Certo, come si fa a non accettare i trattamenti? Probabilmente, se le cose venissero spiegate con attenzione, si eviterebbe di generare casi di rifiuto delle cure».

Una maggiore informazione farebbe cadere quelle accuse di “terrorismo psicologico”?
«Per ogni malattia nuova, ci saranno sempre pareri discordanti tra noi medici. Essendo il virus poco conosciuto, non esistono esperti della patologia. La cosa più importante è essere onesti intellettualmente e saper ammettere i propri errori. Quello che ho affermato un mese fa potrebbe essere smentito il mese successivo».

La preoccupano i nuovi focolai?
«Il virus non è mai andato via: questo non dobbiamo dimenticarlo. L’obiettivo attuale è impedire che i focolai si saldino tra loro e che si trasformino nuovamente in quell’onda devastante che ci ha colpito nei mesi scorsi».

Abbiamo qualche consapevolezza in più?
«Certamente. All’inizio dell’anno eravamo impreparati: siamo stati colti alla sprovvista. Non conoscevamo il virus. Ora abbiamo una consapevolezza diversa: lo conosciamo meglio e sappiamo come si muove. Il compito diventa far sì che i focolai non si uniscano tra loro attraverso un continuo monitoraggio».

Meglio il “sistema Veneto” o il “sistema Lombardia”?
«Mi dispiace, ma non intervengo su cose che non sono di mia competenza».

1.6

il tasso di ricoveri effettuati attraverso il Tso su scala nazionale

1.0

il tasso di ricoveri effettuati attraverso il Tso in Lombardia

>5%

l’utilizzo di Tso sui casi clinici definiti “estremi”, in particolar modo legati alle patologie psichiatriche

Fonte: Ministero della Salute.
Scala di misurazione: 1 su 10.0000 abitanti

Le voci raccolte da Marta Mereghetti e Roberto Palmiero

Amatulli
Amatulli

«Ci dicono, noi facciamo»
Caterina Amatulli
Libera professionista, 26 anni

«Con un’emergenza sanitaria in atto, è necessario e obbligatorio tutelare noi stessi e gli altri per evitare un nuovo lockdown. E lo dice una partita Iva… È la prima volta che sono d’accordo con il governatore del Veneto Zaia nella vita. Non sono una virologa, chiaramente va fatto quello che ci dicono di fare in una situazione del genere. Adesso c’è più libertà e, se si sta distanziati, la mascherina si può evitare. Ma nelle situazione di assembramento, come sui mezzi pubblici, è fondamentale».

Desimoni
Desimoni

«Sono un soggetto a rischio»
Elio Desimoni
Pensionato, 74 anni

«Sono d’accordo con l’idea di fare un TSO a chi non rispetta la quarantena. Così come dovrebbe essere obbligatorio che i giovani la sera indossino la mascherina. Io sono un soggetto a rischio: sono anziano e diabetico, quindi sono stato a casa sempre nel periodo di lockdown. Adesso esco con la mascherina e in tasca sempre l’igienizzante: insomma le precauzioni le prendo, poi se gli altri non lo fanno non ci posso fare niente. Quindi è giusto obbligare a stare a casa chi è malato».

Papa
Papa

«È solamente salvaguardia»
Andrea Papa
Impiegato, 25 anni 

«Credo che sia giusta la proposta di applicare il TSO: non è una punizione, ma un modo per salvaguardare la salute di tutti. Non sono del tutto soddisfatto dal lavoro della sanità lombarda: si poteva fare meglio, prevenendo di più ed evitando così tanti scivoloni nella comunicazione. Ma mi sento sicuro quando esco: per fortuna non ho vissuto sulla mia pelle il virus, così come i miei familiari. Tutti devono rispettare le misure di sicurezza, non vedo perché avere ansia nel ripopolare la città».

Manici
Manici

«Ok, ma rispettando la libertà»
Jacopo Manici
Studente, 24 anni 

«Reputo che la proposta di Speranza non sia completamente sbagliata. Essendoci un’emergenza sanitaria, se i soggetti positivi non rispettano le regole, ritengo opportuno che vengano applicate misure più restrittive. Sempre nel rispetto della libertà personale. Da inizio giugno, la gente sembra essersi un po’ dimenticata di quello che abbiamo passato nei mesi precedenti. Questo perché gli esperti non sono riusciti a darci risposte certe e tempi precisi sullo sviluppo della pandemia».

Aina
Aina

«Le cure sono a disposizione»
Nunzio Giovanni Aina
Impiegato, 60 anni

«Sono d’accordo con la proposta di TSO, soprattutto perché è un momento delicato, il virus circola ancora e rischia di creare nuovi focolai. Dunque, se una persona viene scoperta positiva, si deve obbligatoriamente curare. Le cure sono a disposizione: se la persona viene tenuta sotto controllo, siamo tranquilli noi così come il malato. Non ho paura, non l’ho mai avuta, perché credo nella sanità italiana anche se, va sottolineato, si è molto strumentalizzato su quella lombarda».

Nani
Nani

«Prima la libertà decisionale»
Annamaria Nani
Pensionata, 72 anni 

«Non sono d’accordo con il ricovero coatto, credo che ognuno debba essere libero di poter decidere come farsi curare. Bisognerebbe incrementare la medicina del territorio e fare più tamponi e controlli a tappeto, perché poi è inutile colpire l’utente finale. Il soggetto positivo deve rispettare la quarantena a casa, ma non deve essere ricoverato in maniera coatta: ci devono essere dei controlli che accertino che si stia rispettando la misura di sicurezza a casa propria».

Tronca
Tronca

«Deve fungere da punizione»
Michele Tronca
Pensionato, 79 anni 

«Chi non rispetta la quarantena dev’essere punito, c’è poco altro da aggiungere. C’è di mezzo la salute degli altri, perciò per me non ci sono dubbi. Se un soggetto non rispetta questa misura deve essere punito, come andrebbero presi provvedimenti nei confronti del governatore Fontana che si è rivelato poco attento, per usare un eufemismo. La sanità lombarda dev’essere tornare a primeggiare nel pubblico: non è possibile che la sanità privata riceva gli stessi finanziamenti dallo Stato».

Rota
Rota

«Ragioniamo prima di agire»
Gabriele Rota
Attore, 23 anni

«Non capisco quei positivi che si ostinano ad uscire. I media offrono sempre idee e versioni discordanti che ci confondono, per questo è difficile farsi un’opinione. Però ognuno deve ragionare con la propria testa e bisogna capire che è necessario rimanere a casa, se si è positivi. Il virus è ancora in circolazione, nonostante i bollettini stiano mostrando un chiaro calo dei contagi. In Lombardia e a Milano si stanno riaccendendo focolai negli ultimi giorni: qualcosa si sta sbagliando».