Questa è la storia di Joanna Borella, nata a Bombay (oggi Mumbai) il 23 agosto del 1966 e arrivata a Milano un anno e mezzo dopo: la sua è stata la prima adozione internazionale conclusa in Italia.
La sua famiglia? Fuori dall’ordinario. I genitori decidono di adottare un bambino pur avendone già due naturali e sapendo che non esistono né una legislatura né associazioni organizzate per le adozioni internazionali. Due pionieri che riescono in questa impresa grazie ad una rete di amici coraggiosi, preparati e di cuore.
Alla sua adozione ne segue una seconda, di una bimba italiana: sei persone unite da tantissimo amore che vivono in 70 metri quadri. Quando arriva in Italia, Joanna non sa ancora camminare, ma la libertà di muoversi la porta presto a correre dietro al pallone da calcio usato dai fratelli.
Gli anni passano nella spensieratezza più assoluta. Non ama i libri e interrompe gli studi superiori per fare la baby-sitter. Si sposa, nascono due bimbi e continua ad essere un’apprezzata baby-sitter mentre studia per ottenere l’attestato di Operatrice d’Infanzia.
Ma quel pallone da calcio condiviso con i fratelli non la abbandona mai: gioca in una squadra femminile fino a che il ginocchio glielo concede, poi inizia ad allenare mamme e bambine con le cui squadre partecipa pure a qualche torneo. Ma ha anche una squadra mista, il Noler’s Mix di Nolo.
«Per me il calcio dev’essere puro divertimento – racconta –. Si può giocare fino a 90 anni, se il fisico lo permette. Dev’essere uno sport aperto a tutti, anche perché insegna che per raggiungere un obiettivo bisogna volerlo tanto. Ed impegnarsi ancor di più. Nulla è impossibile, se ci credi».