Questa è la storia di Laura Morandotti, milanese in una famiglia di artisti. Suo nonno è l’architetto Michele Marelli. E tra gli amici del nonno, con cui Laura cresce, c’è anche un guru come Gio Ponti.
Da bambina va a visitare spesso queste case importanti, ricche di oggetti straordinari. Crescendo, diventa un’artigiana dell’arte. Inizia la sua carriera disegnando e realizzando vetrate su richiesta, ma la svolta arriva a metà degli anni Ottanta dopo un incontro quasi casuale con l’architetto Brivio, all’epoca direttore della Venerando Fabbrica del Duomo: inizia a lavorare sul restauro delle prime vetrate del simbolo di Milano.
Da allora Laura Morandotti vive tra un’impalcatura in una delle chiese più belle al mondo e il suo laboratorio in zona Crocetta, quest’anno inserito nella Guida Beadeker come punto di riferimento culturale della città. Insieme a lei lavorano cinque donne, tra cui sua figlia Sara, che disegna gioielli.
L’altro figlio, Michele, è medico. Le chiedo come immagina le donne restauratrici di vetrate come lei, nella Milano di domani: «È un mestiere, quello dell’artigiana dell’arte, molto complesso. Richiede conoscenze storiche, ma anche scientifiche. Alle ragazze che lavorano con me lo dico sempre: dovete lanciarvi un po’ di più. Io non sarò eterna. Loro mi rispondono che sperano che io viva almeno 120 anni. In fin dei conti sono solo a metà strada…».