Milano è sempre più una città di “progressisti”, attenta a usare la parola “inclusivo” ogni 5 minuti per essere a posto con la coscienza e per stare al passo con le belle parole molto di moda, ma spesso senza significato reale. Poi però dovremmo anche domandarci di che progressismo sia protagonista la nostra città. Pare, infatti, sempre più cosa da ricchi che possono permettersi di essere progressisti e anche il lusso di essere aperti verso un mondo parimenti benestante, di condurre battaglie e idee molto innovative, che però nei fatti si rivelano molto escludenti per una parte della popolazione cittadina.
Il futuro di Milano: progressisti o finti buonisti?
Ad esempio, c’è chi chiede meno carne nei menù delle mense scolastiche, in nome di un ambientalismo cieco (perché l’ambientalismo senza considerare le questioni sociali è giardinaggio) e di un salutismo da genitori con discreto tempo a disposizione. A Milano ci sono più di 10mila bambini il cui pasto principale della giornata è quello consumato a scuola, se non l’unico purtroppo. Basta guardare un qualsiasi menù settimanale di Milano Ristorazione per verificare che semmai, per quei bambini, la carne è fin troppo poca. È solo un esempio, proveremo a farne altri di questa “lotta di classe al contrario” condotta in modo più o meno consapevole da una Milano che si sente piena di progressisti e portatrice di ideali giusti e salvifici, ma rischia di diventare tutt’altro se non addirittura l’opposto.
In cui si fanno grandi proclami sulle città del futuro, senza considerare che più si spinge in quelle direzioni più si escludono persone, se non si affrontano allo stesso tempo le grandi questioni della disuguaglianza. Poi ci si domanda perché e quando, anche a Milano, alcune periferie si siano trasformate e si stiano trasformano in banlieu, in cui i più giovani, a disposizione, hanno solo una rabbia funesta.
