Da Milano alla Mela, Luigi Ballerini: «Io, poeta milanese dei due mondi»

Chi è Luigi Ballerini, poeta e professore di letteratura italiana e statunitense, volto dell’Italianistica a New York e Los Angeles: «Ma non definitemi un italo-americano»

Luigi Ballerini
Luigi Ballerini

Conversare con Luigi Ballerini è come aprire un libro di migliaia di pagine e leggere una storia lunga ottant’anni.

 

Studioso della lingua e della letteratura italiana e americana, la sua storia passa da cinque città, è arricchita da centinaia di viaggi e pulsa attraverso due continenti. «Ma non definitemi italo-americano: sono un poeta milanese, che vive in America».

Luigi Ballerini: naviglio

La sua prima casa è in via “Anna Radius Zuccari detta Neera”, zona Navigli. «Quello Pavese però, il Grande è un’altra cosa», scherza. I primi cinque anni della sua vita, Ballerini li vive terrorizzato dalle bombe, nascosto nelle cantine e aggrappato alle due nonne, nel cuore della Seconda Guerra Mondiale. «Ho ancora negli occhi l’orrore nella faccia degli adulti, le coperte avvolte intorno ai bambini: sono ricordi vivissimi».

Luigi Ballerini: fattorino

È la Milano, vittima dei bombardamenti. E che dal 1945 si rialza orgogliosa. «Negli anni ’50 studiavo di notte e facevo il fattorino di giorno». È una città viva e scompigliata, quella Milano, dove il Naviglio è una piscina pubblica e dove Ballerini scopre l’amore per la scrittura: «Nei momenti di pausa mi sedevo, prendevo la macchina e iniziavo a comporre poesie». Inizia giovanissimo, non avrebbe mai smesso.

Luigi Ballerini: Usa 1.0

L’America arriva a vent’anni, in Connecticut, dopo un’esperienza a Londra. È il 1960 e allora non c’erano voli e check-in online. «Ci si andava con l’Irpinia», la nave. Ballerini viene accettato alla Wesleyan University e durante la sua traversata incontra la prima moglie.

L’impatto con New York ha il sapore della libertà: «Scendevamo in macchina ogni weekend dal campus: il jazz, le serate, la public library. Era tutto un sogno». In Italia ci torna prima di quanto avrebbe voluto, restandoci più di quanto previsto. Ma sono anni importanti. Prima finisce gli studi a Bologna, lavorando a Milano, dove li aveva iniziati. Poi si trasferisce a Roma, dove entra a contatto con quelli che sarebbero stati i suoi maestri, di vita e poesia: «Elio Pagliarani, Alfredo Giuliani, Eliseo Mattiacci». La neoavanguardia del Gruppo ’63.

Luigi Ballerini: Usa 2.0

Roma, però, fa rima con confusione. E così Ballerini vola negli USA. È il 1969 e la staffetta si apre tra le due coste d’America: prima Los Angeles, poi New York. Prima UCLA, poi City College e New York University, dove avvia il dipartimento di italianistica ed è primo direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò. «Se la prima esperienza è stata libertà, questa ha assunto il significato della stabilità». Poi dal 1992 ancora a UCLA, dove diventa il volto dell’Italianistica in California: «Un periodo di grande studio e di belle soddisfazioni».

Luigi Ballerini: Cefalonia

Nel corso degli anni, il divorzio e l’incontro con la seconda moglie occupano il suo cuore. Ma sopra a tutto c’è l’immortale poesia, luogo dove nel 2005 trova la liberazione dal trauma della morte del padre, ucciso dai tedeschi sull’isola di Cefalonia. È da quest’isola che prende il nome «il poemetto che considero ancora oggi il punto più alto della mia produzione: nello scriverlo ho rielaborato il lutto».

Oggi Ballerini vive tra New York e Milano, vicino al suo Naviglio Pavese. La poesia, dice, «nasce sempre dall’ascolto del linguaggio, che provoca godimento: siamo esseri umani solo quando attiviamo il linguaggio». E di Milano, cosa pensa? «È cresciuta, ma dobbiamo tornare a fare ed esportare cultura come facevamo nel secondo dopoguerra, non solo accoglierla: possiamo permettercelo, torniamo a farlo».

«Milano è cresciuta, ma dobbiamo tornare a fare ed esportare cultura come facevamo nel secondo dopoguerra, non solo accoglierla: possiamo permettercelo, torniamo a farlo»

Londra
L’esperienza londinese, di appena un anno nel 1959, è in realtà fondamentale per la figura di un’istitutrice di una famiglia inglese. «Mi disse chiaro e tondo due cose. La prima è che non avrei dovuto fare il giornalista, come sognavo, ma il poeta: per me fu una rivelazione». E la seconda? «Vai in America se vuoi fare il poeta, che ci torni a fare in Italia?».

Cefalonia
Pubblicato nel 2005, Cefalonia è il poemetto della liberazione di Luigi Ballerini, che non era mai riuscito ad elaborare il lutto della perdita del padre, un sarto milanese morto in combattimento nel 1943. «Il trauma è esploso quando ero già sessantacinquenne: in Cefalonia ho ridotto a zero le razionalizzazioni di quel fatto e autorizzato le parole del dramma a urtarsi, ad attirarsi. Ho dato sfogo alle mie emozioni, finalmente».

Latte e Linguaggio
A Milano, Ballerini è curatore di Latte e Linguaggio, una rassegna di eventi culturali che si tiene alla Biblioteca Chiesa Rossa. Nasce dall’accostamento della difesa del cibo sano, con la protezione di un linguaggio sano, in un’epoca in cui «i disastri causati dall’industria latteo-casearia nel settore dell’alimentazione materiale, l’industria mediatica li sta causando nel campo dell’alimentazione culturale».

Dove ci siamo incontrati
In una sala dello IACE (Italian American Committee on Education) in Upper East Side a Manhattan, New York.

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