Quattro nuovi Giusti per il Giardino del Monte Stella, chi sono e perché

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Quattro nuovi Giusti, di ieri e di oggi, al giardino del Monte Stella. L’intellettuale ungherese István Bibó, coscienza critica della nazione sulle collusioni del Paese con il nazismo e vicino a Imre Nagy, allora capo del governo, durante la rivoluzione del ’56; Simone Veil, sopravvissuta alla Shoah, prima donna a guidare il Parlamento europeo. E ancora: l’attivista e ambientalista keniota Wangari Maathai, prima donna africana a ricevere nel 2004 il Premio Nobel per la pace; il medico congolese Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace 2018, da anni dal fianco delle donne vittime dello stupro come arma di guerra.

Sono i nuovi Giusti scelti per il Giardino del Monte Stella in vista delle celebrazioni, il prossimo 6 marzo, della Giornata dei Giusti dell’umanità, che quest’anno inviterà a riflettere sul tema L’Umanità a un bivio. Europa e Africa tra indifferenza e responsabilità. Gabriele Nissim è il presidente di Gariwo (it.gariwo.net), Gardens of the righteous worldwide, realtà che dal 1999 lavora per far conoscere i Giusti in Italia e nel mondo.

Come si arrivati alla scelta di questo poker di nomi?

«Abbiamo pensato a Simon Veil e István Bibó per dare risalto a due delle figure più significative del processo d’integrazione europea, battutesi per il dialogo, la democrazia e la pace. Ci stiamo, forse, dimenticando di essere molto fortunati».

In che senso?

«Viviamo in un tempo di pace, abbiamo assistito alla caduta delle dittature, possiamo viaggiare liberamente da un Paese all’altro. Non dobbiamo scordare che libertà, democrazia e diritti umani sono valori figli di una cultura europea e, ricordando queste figure, vogliamo ribadire l’importanza di un orizzonte europeo».

Ci sono anche due personalità del presente africano: perché?

«Ci è sembrato importante, rispetto al grande tema delle migrazioni, onorare due figure attuali come Wangari Maathai e Denis Mukwege, entrambi Premi Nobel per la pace, che in Africa sono impegnate contro le guerre e per il processo di rinnovamento e di sviluppo del continente».

Una riflessione, insomma, che coinvolge passato, presente, ma anche futuro…

«Sì e da Milano, che è diventata capitale dei Giardini dei Giusti (oltre cento oggi in Italia e nel mondo), lanciamo come GariwoNetwork un messaggio: vorremmo che questi Giardini diventassero un momento di resistenza contro odio e nazionalismi; un luogo di conciliazione, di apertura e di confronto con l’altro. Ci rivolgiamo anche ai giovani».

Come?

«Invitandoli, per esempio, a comportarsi in maniera diversa sui social: non si possono far passare come normale prassi l’odio, la contrapposizione e la stigmatizzazione dell’altro. Credo che dovremmo tornare a insegnare il gusto della conversazione: conoscere e coltivare per contrastare la cultura del nemico. Non possiamo condannare la politica per certi atteggiamenti se siamo noi i primi a comportarci in modo errato. Lanciamo un messaggio valoriale in un momento storico piuttosto disordinato: ci dobbiamo chiedere cosa ognuno di noi possa fare per rendere il mondo migliore in questo tempo scardinato, per citare Shakespeare».


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