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14. 05. 2024 05:18

Bimbo abbandonato in ospedale: come (non) tutelare Enea e rispettare una scelta così difficile

Tutto questo clamore ha e avrà delle conseguenze sul piccolo Enea, l'unico che potrà permettersi di giudicare la madre biologica. Noi non abbiamo voce in capitolo

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Il bimbo abbandonato in ospedale nel giorno di Pasqua all’interno della Culla della vita del Policlinico di Milano pesa circa 2,6 kg, è in salute e ha già trovato una famiglia che si prenderà cura di lui. Il piccolo, che si chiama Enea, è in ottime mani e a lui in molti rivolgono dolci pensieri e parole di conforto. Bene. Bellissima notizia. Peccato però che non si possa dire lo stesso del trattamento riservato alla madre del neonato. Una madre che non va criticata, non va cercata e tantomeno non va convinta a tornare sui propri passi.

Bimbo abbandonato in ospedale: il servizio della Culla per la vita

Su qualsiasi giornale si legge la storia del bimbo abbandonato in ospedale in quella che oggi si chiama Culla per la vita (l’ex Ruota dell’abbandono), un luogo sicuro collegato ad un ospedale in cui lasciare il proprio piccolo se, per le più svariate ragioni, non si vuole o non si può crescere. Un servizio molto utile messo a disposizione anche dal Mangiagalli di Milano e che ha permesso ad una donna – la cui identità è e deve assolutamente rimanere anonima – di rimettere suo figlio neonato alle cure e ai controlli di un team di esperti e di non abbandonarlo per strada.

Perché sì, questo è ciò che purtroppo spesso accade. Prima di criticare dunque la scelta così difficile di una madre, dobbiamo ricordarci quante volte nella nostra vita abbiamo sentito parlare, in radio o al telegiornale, di bambini appena nati lasciati nei cassonetti della spazzatura o in qualche angolo sperduto della città. E ora veniamo alla parte critica.

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bimbo abbandonato in ospedale
Bimbo abbandonato in ospedale

Bimbo abbandonato in ospedale: perché sono sbagliati gli appelli alla madre di Enea

Secondo Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano, la Culla è molto utile, «consente di far mantenere ai genitori del bimbo abbandonato in ospedale l’anonimato», ma, al tempo stesso, porta con sé una «decisione drammatica». Anche Fabio Mosca, direttore della Neonatologia della Terapia Intensiva Neonatale della stessa struttura, sottolinea l’utilità di questo servizio che però da lui viene vissuto come «una sconfitta a livello sociale perchè – sostiene – in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà».

Ed è proprio poi partendo da queste parole che Mosca afferma: «Qualora ci ripensasse, noi siamo sempre pronti ad accogliere e assistere la madre» del bimbo abbandonato in ospedale. Un appello, quello del dottore, ripreso da migliaia e migliaia di cittadini milanesi, ma anche da personaggi famosi appartenenti al mondo della televisione. Uno tra i tanti è Ezio Greggio che proprio ieri sera ha pubblicato sui social un video per convincere la mamma di Enea a «tornare indietro all’ospedale Mangiagalli, dove c’è tutto il reparto che la sta aspettando».

Un appello, precisa oggi il conduttore, nato dopo aver letto «la lettera struggente e piena d’amore» lasciata dalla donna nella Culla insieme al piccolo Enea. Un appello «non volto a far ripensare alla scelta di una madre che non voleva il proprio figlio, ma ad una madre che probabilmente, con l’aiuto di qualcuno, potrebbe superare le difficoltà economiche o personali e potrebbe non sentirsi più sola».

Senza dubbio sia Greggio che i medici pronunciano queste parole in totale buona fede ma, dall’altra parte, tutti noi dobbiamo farci una domanda: è corretto continuare a parlare di questo caso, di questo bambino abbandonato in ospedale e soprattutto di questa scelta così difficile e struggente? È giusto continuare a criticare la madre per questa mossa? Fare paragoni? E lanciare appelli?

Sebbene la risposta sia abbastanza scontata, proviamo per un attimo a metterci nei panni di questa donna (che, ripetiamo, vuole e deve mantenere l’anonimato). Una donna che ha deciso di usufruire di questo servizio. Una donna che probabilmente ha sofferto, sta soffrendo ancora e soffrirà per il resto della sua vita. Una donna che, una volta considerate le varie possibilità e opzioni, ha scelto consapevolmente di allontanarsi da suo figlio per dargli forse una vita migliore.

È davvero da criticare una persona del genere? O forse sarebbe più opportuno lasciarla stare e rispettare la sua scelta così drastica è così difficile? A rispondere a queste domande non possiamo e non dobbiamo essere noi. L’unico che ha e avrà per sempre il diritto di commentare e dire se tutto questo è stato giusto o sbagliato sarà solo il figlio. Sarà solo Enea. Noi non abbiamo voce in capitolo. E di certo con tutto questo clamore non si fa altro che non tutelare il piccolo.

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