Sciacallaggio in Stazione Centrale: «Lucriamo sul coronavirus»

Pazzesco: sciacallaggio di un 18enne e di un minorenne che rivendono abusivamente mascherine a 10 euro. È psicosi piena: «Colpa dei media e dello Stato, noi diamo un servizio ai cittadini»

Sciacallaggio in Stazione Centrale. In questi giorni di dilagante psicosi da coronavirus, sembra che in molti abbiano preso alla lettera un celebre detto popolare: «Non tutti i mali vengono per nuocere».

 

La novità sostanziale è che, mentre c’è chi sfrutta i canali online per vendere a cifre stratosferiche mascherine e disinfettanti approfittando della moria di prodotti nelle farmacie, c’è chi sta mettendo in piedi addirittura un fiorente business abusivo alla luce del sole, un vero e proprio sciacallaggio in Stazione Centrale.

Goliardata? Forse. Robert e Francesco sono due giovanissimi studenti. Il primo ha 18 anni, il secondo a malapena sedici. Da ormai due giorni si ritrovano in una delle piazze centrali di Milano per vendere mascherine a 10 euro.

Sciacallaggio in Stazione Centrale: cosa hanno raccolto i nostri microfoni

«Questo è il miglior business dell’anno – racconta Robert ai microfoni (increduli) di Mi-Tomorrow –: se posso essere onesto, sto facendo grandi affari. In due giorni ho già venduto 50 mascherine». Conto facile da fare. E le prospettive di crescita dell’attività dei due giovanissimi imprenditori abusivi – lo ribadiamo – non sembrano aver freni. Gli avventori arrivano alla spicciolata tutti volenterosi di acquistare una delle introvabili mascherine.

In molti cercano di contrattare il prezzo ritenuto troppo elevato, ma gli intraprendenti ragazzi non mostrano alcuna intenzione di scendere a compromessi. Come due esperti economisti sanno bene che la domanda è di gran lunga più alta dell’offerta. Quindi ben venga un gioco al rialzo per massimizzare i profitti.

Sfrontatezza ed incoscienza. Vestiti i panni di promettenti Di Caprio nel film The Wolf of Wall Street, la loro arma principale è la spregiudicatezza. Nulla pare li possa intimorire, neanche la possibilità dell’intervento delle forze dell’ordine.

«In fondo qui è pieno di abusivi – dice ancora Robert, come se non ci fosse nulla da stupirsi –: ieri sera un poliziotto mi ha fermato, mi ha chiesto la licenza e non avendola mi ha detto di sparire. Dopo cinque minuti ero di nuovo al mio posto». Robert ritiene la vendita delle mascherine una vera e propria trovata di marketing. Ci chiede di sponsorizzare sui nostri canali la sua pagina Instagram, dove da ieri pubblica stories a raffica promuovendo i nuovi arrivi di mascherine e mostrando orgoglioso i suoi acquirenti in stazione.

C’è anche spazio per postare gli screenshot dei messaggi degli amici che gli chiedono di partecipare al nascente e proficuo business. Francesco, il più giovane dei due, cerca di puntare il dito contro Stato e media: «Questa psicosi si sta diffondendo per colpa di chi detiene l’informazione. Telegiornali e social parlano esclusivamente di coronavirus». Quando gli si chiede dell’efficacia delle loro mascherine, la risposta è pronta: «Serve esclusivamente a chi è infetto per proteggere gli altri dal contagio. Poi, parliamoci chiaro, il virus è talmente piccolo che proteggersi è come tentare di fermare l’acqua con uno scolapasta». Anche virologi, insomma.

Da dove arrivano? Ma come fanno ad avere così tante mascherine? Le farmacie sono in apnea, anche i fornitori base non riescono a sopperire alle richieste di questi giorni: «Abbiamo i nostri contatti – spiega Francesco –: alcune ce le mandano addirittura dalla Svizzera».

Il tutto porta ad ipotizzare alla presenza di una rete ben coordinata alle spalle dei due ragazzi ma, non conoscendo le dichiarazioni del suo “socio”, Robert specifica che le mascherine sono state acquistate in un market cinese poco distante da piazza Duca d’Aosta: «Ne abbiamo trovate circa un centinaio e le abbiamo acquistate tutte. Di questi tempi, nessuno pensa di andare a comprare dai cinesi». Il business è anarchico quanto fiorente: per Francesco la vendita è fruttata “a malapena” 100 euro in due giorni, mentre Robert parla di guadagni ben più sostanziosi.

Ricarico. Come fossero due navigati commercianti, cercano di convincere gli avventori promettendo che il prezzo “all’ingrosso” è stato di ben 7 euro. Così il ricarico sulla vendita sarebbe di soli 3 euro.

La realtà è ben diversa: «Al market ho pagato le mascherine 1,50 euro l’una – conferma, soddisfatto, Robert –. Rivendendole a 10 euro, ne guadagno quasi 9». Francesco non trova nulla di male commentando questo sovrapprezzo: «Le vendiamo a meno di quelle presenti nelle farmacie e nei supermercati». Peccato che il prezzo standard della mascherine suggerite dal Ministero della Salute, ovvero quelle appartenenti alla classe protettiva FFP2 e FFP3, si aggirino tra i 5 e i 7 euro.

«Lucriamo sul coronavirus», lo dicono pure. Poco da aggiungere: Robert e Francesco giocano pericolosamente sulle paure della gente senza pensare troppo alle conseguenze che potrebbero ricadere su di loro. Si chiama sciacallaggio. E, dopo aver parlato con noi, Robert non perde tempo per vantarsi sul proprio profilo social dell’intervista concessa ad un giornalista del servizio pubblico. Per quanto ancora potranno rimanere impuniti? «Personalmente siamo a posto con la mia coscienza: forniamo un servizio a tutti i cittadini».

Robert ritiene la vendita delle mascherine una vera e propria trovata di marketing, non sciacallaggio. Ci chiede di sponsorizzare sui nostri canali la sua pagina Instagram, dove da ieri pubblica stories a raffica promuovendo i nuovi arrivi di mascherine e mostrando orgoglioso i suoi acquirenti in stazione