Un laureato dell’Università Statale di Milano si è trovato al centro di un dibattito giudiziario dopo aver contestato la mancata assegnazione della lode, nonostante avesse conseguito il massimo dei voti, 110 su 110. La lode, ambita conferma di eccellenza accademica, non è stata riconosciuta al giovane laureato in Scienze filosofiche, scatenando una battaglia legale che ha coinvolto il Tar della Lombardia.
Un diritto o un’eccezione?
Il neo-dottore, dopo aver visto respinto un primo ricorso dal rettore dell’università, ha portato la sua causa davanti al Tar, sperando di ottenere giustizia. Il suo argomento si basava sulla presunta mancanza di motivazione da parte della commissione esaminatrice per la decisione di non concedere la lode. Il laureato sosteneva di aver raggiunto tutti gli obiettivi richiesti, nonostante alcune difficoltà dovute a dislessia, discalculia e disortografia.
La sentenza del Tar e le sue implicazioni
Il 22 febbraio, la sentenza del Tar ha chiarito il panorama: la lode è un riconoscimento premiale, non un diritto automatico derivante dal conseguimento di un punteggio perfetto. I giudici hanno sottolineato che eccellenti risultati accademici e una tesi di qualità sono prerequisiti per il voto massimo, ma non garantiscono l’aggiunta della lode, che rimane una prerogativa discrezionale della commissione.
Il caso dell’università Statale di Milano
Il caso solleva questioni significative sull’equità e la trasparenza nelle decisioni accademiche. Se da un lato la sentenza ribadisce la natura “premiale” e non “dovuta” della lode, dall’altro pone l’accento sulla necessità di chiarezza nei criteri di valutazione, specialmente in contesti accademici di alto livello come la Statale e non solo, a Milano. La decisione, non richiedendo motivazioni esplicite per la mancata attribuzione della lode, lascia spazio a interpretazioni e, potenzialmente, a futuri dibattiti sulla valutazione del merito accademico.