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19. 04. 2024 20:59

No Green Pass, la testimonianza del dipendente Atm: «L’obbligo di certificazione sul lavoro è come essere condannati a morte» VIDEO

Nessun blocco del traffico, nessun corteo in programma, solo un presidio congiunto per alzare la voce all’unisono.

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Come già documentato questa mattina, un centinaio di lavoratori delle aziende storiche di Milano, AMSA e ATM, insieme contro il Green pass e l’obbligo vaccinale, si sono riuniti all’ingresso della sede di via Olgettina 25, estrema periferia est della città, a pochi metri dall’ospedale San Raffaele.

Si è trattato solo di un presidio congiunto, ma sintomatico di come le proteste abbiano raggiunto anche aziende centrali nella vita della città.

No Green pass AMSA e ATM, i lavoratori contro la certificazione e il vaccino: la testimonianza

«Noi oggi siamo qui per rivendicare il diritto di “vivere”, neanche di lavorare, perché senza lavoro noi non mangiamo. Che cosa abbiamo fatto di male per non meritarci di vivere ed avvallare un’idea che oggi ci vuole un lasciapassare per… vivere?». Domenico, 35 anni, dipendente ATM, da venerdì 15 ottobre è senza stipendio, come gli altri colleghi dell’Azienda Trasporti Milanese e quelli dell’AMSA che rifiutano vaccini o tamponi per andare al lavoro. «Io che amo il diritto, so che se una persona commette un reato va in galera perché è un pericolo per la società, però vitto e alloggio ce l’ha – prosegue Domenico – io senza lavoro non vivo, quindi muoio di fame, io e tutti coloro che dipendono da me. Quindi chiedo: che cosa ho fatto di male? Mi dicono: voi siete gli untori, quelli che fanno casino, i vaccini sono la soluzione».

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I vaccini non sono la soluzione?
«Il vaccino RNA messaggero è una tecnologia favolosa, il problema è chi lo produce: un’azienda farmaceutica che ha più cause per risarcimento danni di non so cos’altro. Una persona con un minimo di diritto interiore come fa a fidarsi di un’azienda farmaceutica – fatta da medici, con un codice deontologico che dovrebbe tutelare in primis la salute delle persone – che non vuole assumersi alcuna responsabilità, scaricandola sugli Stati? Gli Stati a loro volta la scaricano sul cittadino, che fa una firma e se ne fa carico».

Quando ci si sottopone ad un intervento chirurgico bisogna firmare lo scarico di responsabilità…
«Ci sono operazioni che se non le fai muori, ma tu puoi farle o non farle, così come determinati farmaci puoi prenderli o non prenderli, ma non sei obbligato perché altrimenti non lavori».

La curva dei contagi, rispetto ad un anno fa, è drasticamente migliorata, così come i ricoveri in terapia intensiva e questo è merito del vaccino. Se non ci fosse stato l’obbligo al Green pass in molti non si sarebbero vaccinati e non avremmo ottenuto questi risultati. Cosa ne pensi?
«Rispondo da profano, perché non sono un medico ma un tranviere, rispondo da persona realista e razionale e mi chiedo: se premi Nobel come Luc Montagnier dicono che paracetamolo e vigile attesa non sono un protocollo di approccio a questo virus, dato che il paracetamolo è un antipiretico e abbassa solo la febbre e la vigile attesa… aspettare cosa? Che la saturazione del sangue scenda sotto 90, per fare che? Quando persone illustri, grandi scienziati dicono che ci sono cose che si possono fare: l’infiammazione si combatte con degli antinfiammatori, quando c’è la tempesta citochimica e bisogna evitare le trombosi si dà l’eparina… io sono un profano, ma mi sono posto un dubbio: perché uno Stato che deve tutelare la salute dei cittadini non si pone una domanda del genere, quando ci sono dei premi Nobel che chiedono risposte in merito?»

La cosa che ti ha fatto male, moralmente?
«Che un ministro dello stato in una conferenza dica che gli opportunisti che non si vogliono vaccinare devono soffrire fisicamente, psicologicamente ed economicamente. È come se il mio ispettore mi dicesse: quelli di colore devono fare più ore perché sono di colore».

Vorreste i tamponi gratuiti?
«Il tampone è uno strumento diagnostico-sanitario, accettarlo sarebbe come avvallare il Green pass. Noi non vogliamo l’obbligo di Green pass per il lavoro. Va bene se me lo lasci per il ristorante, per situazioni ricreative, che non vanno ad intaccare la vita delle persone a livello tangibile, ma quando mi metti questo obbligo per andare al lavoro, mi condanni a morte. Allora se devo morire così, preferisco morire per quello in cui credo, nell’amore per il prossimo».

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