1.000 Mi-Tomorrow, Antonio Marras: «Diventeremo la capitale d’Europa»

antonio marras
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Ripercorrendo la storia di Antonio Marras, stilista di fama internazionale, la partenza è dalla Sardegna, da Alghero sua città natale, passa per Roma per l’Alta Moda, poi da Parigi per approdare a Milano. Ogni luogo, senza dubbio ha lasciato una traccia.

Che importanza hanno avuto queste città nel suo successo?
«Centro di ogni mia ricerca è la Sardegna, da cui traggo storie, colori, procedimenti artigianali ed elementi stilistici. Alla base c’è il rapporto tradizione-innovazione, passato-presente, da riproporre e rielaborare in chiave contemporanea. La Sardegna ha un ruolo determinante nella mia vita, nel mio lavoro. E’ una terra a cui mi sento fortemente e profondamente radicato e che mi riserva sempre incredibili sorprese. Ed è per questo che ho scelto a dispetto di tutto, di vivere e lavorare a casa mia, Alghero. E non è stato, anzi, non è facile».

Perchè?
«I centri vitali della moda non si trovano in un isola. Tutto è iniziato quasi per caso, io lavoravo nel negozio di abbigliamento di mio padre e un produttore romano di abbigliamento mi propose di realizzare una collezione. Io rifiutai, volevo fare altro, per almeno due anni ma alla fine, convinto da Patrizia, mia moglie, accettai. Così nel lontano 1987 nacque “Piano piano dolce Carlotta”(Hush hush,sweet Charlotte) la mia prima vera collezione».

Poi?
«Mi ritrovai catapultato nell’universo della moda a Roma, ricordo la notte trascorsa in piedi per vedere realizzati gli ultimi capi da portare a Milano, la grande gonna a ruota tagliata per terra perché non c’erano tavoli abbastanza grandi e il viaggio che abbiamo intrapreso da Roma a Milano».

Impegnativo?
«Dovevamo portare i capi realizzati in azienda a Roma per esporli alla fiera Milanovendemoda, non c’era tempo per spedirli. Solo io e Patrizia, adesso come allora. L’esperienza romana è terminata quando il titolare, forte del successo commerciale della collezione, ci ha chiesto di trasferirci a Roma. Niente di più lontano dai miei progetti. Ho rifiutato. Siamo tornati a Roma a sfilare nel 1996, invitati dalla Camera della Moda. Per quattro anni ho sfilato alta moda artigianale, realizzata ad Alghero dalla mamma di Patrizia. Poi è arrivata nel 1999/2000 la prima collezione a Milano. Ma sempre con sede in Sardegna. Milano mi spaventava. Dal 2003 al 2011 abbiamo lavorato a Parigi».

Per quale ragione?
«Nonostante lavorassimo in rue Vivienne (niente male, devo dire) ho imposto a tutto lo staff parigino di trasferirsi ad Alghero per lavorare con me in studio e limitando le mie trasferte solo per le sfilate. Ho riscoperto Milano finita l’esperienza lavorativa a Parigi. E ora la considero la mia seconda casa».

Antonio Marras-Milano, un legame sempre più forte anche dopo l’apertura del Circolo Marras dal nome emblematico: NonostanteMarras. Come lo ha scelto?
«Nonostante Marras, inizialmente da me non condiviso, nasce, nonostante me, da un’idea e dalla volontà ostinata di Patrizia, mia moglie. Prende forma e mi stupisce ogni giorno di più perché sembra realizzare un disegno preordinato e, nello stesso tempo aperto. Come un’opera aperta, in progress. E’ diventato un luogo per me indispensabile. Caldo, carezzevole, comodo, dove ritrovo tutto il mio mondo, il lavoro, gli amici, le mie grandi passioni. Il caos che ho dentro trova vita e ordine in un disordine solo apparente. Esiste quindi il Circolo Marras, l’headquarter, ma soprattutto esiste Nonostante Marras, un grande concept store vissuto come spazio polifunzionale, luogo non esclusivamente legato all’esposizione e alla vendita, ma luogo in cui si sta bene, riservato e aperto, accogliente, “ospitante” nel senso che questa parola aveva nell’antica Grecia, in Sardegna, nel Mediterraneo, dove lo straniero, l’ospite, era sacro ed era considerato un delitto violare le leggi dell’ospitalità. Lo spazio si amplia, poi, nella stanza, nella casa, nel quartiere, nella città, nel mondo».

Cosa rappresenta per lei Milano?
«A Milano mi sento a casa. Ciò non significa che conosca strade e che riesca ad orientarmi ma questo mi succede anche ad Alghero dove trovo difficile raggiungere via Sant’Agostino da casa mia. Ormai sono molti gli stranieri a Milano, e questo ha realmente cambiato la rigidità e la regolarità, a volte sterile, della metropoli lombarda».

In che modo?
«A Milano sono, finalmente, emerse le passioni che animano i soggetti di una nuova produzione, requisito necessario di ogni realtà che vuole veramente cambiare. A Milano ho trovato quella mescolanza e ospitalità che nasce dalla capacità di accogliere nel proprio territorio gli stranieri. Un universo di territori e di flussi. La città moderna nel suo divenire metropoli diventa territorio eteregeneo. E io riscopro il piacere baudelairiano di perdermi tra la folla della metropoli, la gioia profonda e silenziosa di osservare. Milano rappresenta la mia idea di vita, di casa, di arte, di lavoro, di comunicare, di abitare nel vero senso che ha questo verbo. Avere, possedere, muoversi in un luogo che è un rifugio, nel distratto frastuono del mondo, un approdo prezioso nel quale fermarsi, ricaricarsi di nuove energie per poi ripartire. A Milano coesistono piccole realtà, noi qui in Cola di Rienzo 8 siamo un piccolo paese. Io conosco, saluto e mi intrattengo con i miei vicini come se fossi nato qua. Porto a spasso Pierivo al giardino Muccioli o a parco Solari e conosco tutti i cani del vicinato».

Come si immagina Milano proiettata nel futuro?
«I cambiamenti positivi di Milano di questi ultimi anni sono stati straordinari. Milano ha fatto passi da gigante. Continuando con questo ritmo Milano è destinata a diventare la capitale d’Europa per esempio di qualità di vita, di integrazione, di energia e di possibilità di lavoro creativo».

Pensa che la moda italiana non possa fare a meno di Milano?
«E certo! La moda italiana, e non solo la moda. Ad esempio, Milano, città della moda, è diventata negli anni anche città del design e calendari ed eventi si intrecciano. La Settimana della moda e il Salone del Mobile sono momenti di scambio e promozione per entrambi i settori. Oggi le scuole di design si aprono ad ambiti diversi: progetto, prodotti d’arredo, comunicazione, prodotti di moda e creano professionisti consapevoli che operano nelle imprese del design e della moda e ne decretano il successo».


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