Avsi, una storia partita da Milano

Avsi
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AVSI- Nel 1972 Eddy Merckx metteva in bacheca la sua quinta Milano-Sanremo, il terzo Giro d’Italia e il quarto Tour de France; Vittorio De Sica riceveva l’Oscar, Pier Paolo Pasolini l’Orso d’oro a Berlino e a Cannes trionfavano ex aequo due film italiani, La classe operaia in Paradiso di Elio Petri e Il caso Mattei di Francesco Rosi, entrambi interpretati da Gian Maria Volontè.

In America Nixon iniziava il secondo mandato, in Italia in pochi mesi nascevano il primo e secondo governo Andreotti e a Milano il tredicesimo congresso del Pci eleggeva come segretario Enrico Berlinguer. Ha ovviamente molte altre pagine, alcune drammatiche, come l’omicidio Calabresi, il grande libro del 1972: a Cesena, per esempio, un gruppo di persone creava un’associazione per sostenere alcuni amici partiti per una missione nell’allora Zaire, oggi Congo. Nacque così l’Avsi, Associazione dei volontari per il servizio internazionale.

I NUMERI – Da allora sono passati quasi cinquant’anni e Avsi è cresciuta: nel 2004 è diventata una fondazione e i numeri parlano oggi di 169 progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario in 31 Paesi del mondo, dall’Africa al Medioriente, dal Sudamerica all’Asia. Il tutto grazie a una rete di 35 enti fondatori, oltre 700 partner locali e uno staff di 1.600 persone, il grosso all’estero. È cresciuta e cambiata Avsi nel tempo: ha attraversato anni difficili, percorso tante strade, incontrato milioni di beneficiari, coinvolto migliaia di operatori, intessuto relazioni che continuano ancora oggi a essere generative.

L’AZIONE – Tanti gli ambiti: dallo sviluppo urbano alla sanità, dalla formazione al lavoro alla microimprenditorialità, passando per agricoltura, sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente, migrazioni e diritti umani, con un’attenzione particolare al tema dell’educazione. Solo una cosa non è mai cambiata: il voler mantenere fede a quel principio, quell’intuizione che ispirò tutto, ovvero che il mondo è una grande casa, una famiglia in cui ci si dà una mano. Un approccio, quello dell’Avsi, che mette al centro la persona per farla diventare protagonista dello sviluppo integrale, suo e della comunità in cui vive, anche in contesti di crisi ed emergenza. Una visione in cui siamo tutti vicini di casa, vicini di mondo: perché possono cambiare i punti cardinali, ma il cielo sopra le nostre teste è sempre lo stesso.

Dalla Lombardia alla Siria
Le operazioni Ospedali aperti e Campagna tende

Tra i progetti attuali di Avsi c’è Ospedali aperti nella martoriata Siria: l’obiettivo è assicurare l’accesso gratuito alle cure mediche ai siriani poveri, attraverso il potenziamento di tre ospedali non profit a Damasco e Aleppo. Già oltre dodicimila le persone assistite: si punta ad arrivare a quarantacinquemila entro i prossimi due anni. Il tutto nell’ambito della Campagna tende, l’attività di sensibilizzazione e raccolta fondi annuale, quest’anno dal titolo Sotto lo stesso cielo. Come sostenere Avsi? Con il 5×1000, ma anche con lasciti testamentari e acquistando bomboniere e regali solidali. Tutte le informazioni sul sito avsi.org.

«Non possiamo più lavorare da soli»
Giampaolo Silvestri: «Il clima non aiuta»

«L’attività di Avsi è cambiata molto, anche perché è mutato il contesto, e sono cresciuti i numeri, ma la logica resta sempre quella: non una strategia a tavolino, ma interventi in quei Paesi dove viene richiesta la nostra presenza». Giampaolo Silvestri, segretario generale di Avsi, racconta a Mi-Tomorrow la cooperazione internazionale.

Com’è cambiato il vostro ambito rispetto al passato?

«È cambiata la prospettiva: se una volta l’idea era portare aiuto alle popolazioni svantaggiate, oggi il concetto è quello di partnership. Dai Paesi in cui operiamo arriva forte la richiesta di fare qualcosa con loro, non più solo per loro. Questo è un vantaggio anche per noi, da tanti punti di vista (economico, sociale, a livello di condivisione di esperienze e culture), anche perché in Africa, accanto a tante situazioni di guerra e povertà, vi sono Paesi che hanno intrapreso progetti di sviluppo e in cui è possibile investire».

Poi?
«Oggi non si può più pensare di lavorare da soli: il singolo progetto della singola organizzazione non ha più senso. Bisogna mettersi insieme in consorzi, costruire alleanze tra Ong ma anche tra soggetti diversi in cui ognuno fa la sua parte, coinvolgendo istituzioni pubbliche e imprese; queste ultime hanno un ruolo molto importante e sono desiderose d’investire nello sviluppo sostenibile».

L’Ocse ha certificato un -0,6% sul fronte aiuti allo sviluppo globale, per la prima volta in controtendenza dal 2012: come fare i conti con questo dato?
«Un dato non così inatteso. Non possiamo pensare di affrontare le sfide dello sviluppo in questi Paesi contando solo sulle risorse pubbliche: bisogna guardare anche alle risorse private. Che ci sia un calo è inevitabile, ma, tutto sommato, il dato non mi pare così preoccupante, considerando anche che oggi ci sono altri soggetti e altri tipi di risorse che contribuiscono allo sviluppo, per esempio quelle degli emigrati, che sono tre/quattro volte superiori a quelle degli Stati».

Avsi collabora all’organizzazione dell’evento Io apro la mia porta. Fra noi in famiglia: storie di integrazione, in cui a Milano il 1 dicembre si parlerà di accoglienza e integrazione. Come valuta il clima attuale in Italia su queste tematiche?
«Dal punto di vista della narrazione, il clima non è certamente positivo, con fenomeni d’intolleranza e razzismo che trovano grande spazio sui giornali e in tv: vi sono, però, anche tante esperienze positive e una grande disponibilità da parte di soggetti e realtà diverse. Bisognerebbe raccontarle di più e meglio».