1.000 Mi-Tomorrow, Maria Cristina Messa: «Milano, via il maschilismo»

maria cristina messa
maria cristina messa

E’ finora l’unico rettore donna a Milano e tra le pochissime ai vertici delle università in tutto lo Stivale: Maria Cristina Messa, professore ordinario di Diagnostica per immagini e radioterapia, è dal 2013 rettore dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e rimarrà in carica fino a settembre 2019.

Si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano nel 1986 e nel 1989 ha ottenuto il diploma di specialità in Medicina Nucleare. Proprio oggi, insieme ad altri relatori, ha condotto l’incontro “Milano per l’Europa” (al Piccolo Teatro Studio Melato), organizzato da Assolombarda, per evidenziare alcune importanti tematiche sociali.

«La sostenibilità è un tema che viene dal mondo dell’accademia ma che deve appartenere anche alla società. Riciclo e recupero sono argomenti che a Milano vengono presi seriamente, anche se di strada da fare ce n’è ancora», spiega a Mi-Tomorrow, in occasione del numero 1.000.

Che rapporto ha con Milano?
«Di grande affetto. Milano è parte di me, della mia formazione, di come ho vissuto la mia vita fino a oggi. Sono andata via un po’ di volte, ma da quando avevo 5 anni sono cresciuta a Milano città. E il mio rapporto con lei è cambiato molto nel corso della vita. Da giovane la adoravo, quando ho messo su famiglia mi piaceva meno, perché ritengo che non sia una città per bambini. Ma ora non la cambierei con nessuna città, almeno finché resiste».

Quali sono le sue potenzialità e i suoi limiti?
«Adesso è in una fase di grandissima vivacità, di multiculturalismo, dove il lavoro ha cambiato senso di marcia. Ci sono tanti giovani, che provengono un po’ da tutto il mondo e da diversi contesti sociali ed economici. È una città che però ha un po’ di contrasti e che rischia una grossa separazione tra il ricco e il povero».

Come l’ha vista cambiare negli anni?
«L’ho vista adeguarsi alla globalizzazione e alla tecnologia, un processo difficile. Milano si è adeguata ma non solo: ha fatto suo questo cambiamento. È diventata così più luminosa, più accogliente e più bella; ma anche più cara».

Come immagina la Milano del futuro?
«Una Milano multicentrica. In cui non c’è più piazza Duomo come unico punto di ritrovo ma anche, magari, via Tortona con il Mudec, la Bicocca con lo spazio Hangar. Tanti centri, un po’ sul modello di Londra».

Ritiene che Milano sappia valorizzare le donne?
«Rispetto ad altre città sì, ma rispetto all’ideale no. È figlia di tutte le discriminazioni in ambito di genere che vediamo ovunque. Ma nella media, è più rispettosa. La mia professione di medico è stata ben accolta qui: i pazienti erano spesso contenti di trovarsi di fronte a una donna, mi sono sentita benvoluta. Forse perché ci si aspetta da noi un lato molto umano».

Ha incontrato difficoltà nella sua carriera?
«Come medico no, anche perché ho scelto la Diagnostica per immagini, una disciplina molto “bisex”: è operativa e allo stesso tempo “da scrivania”, più regolare, compatibile con una vita privata e una famiglia. Arrivare a posizioni apicali, invece, per una donna è sicuramente difficile, anche se io non ho subìto grosse discriminazioni. Ma il fatto che sia rimasta l’unico rettore donna a Milano, la dice lunga. Da quel punto di vista, è una città abbastanza maschilista. Soprattutto nei settori dell’industria e nei ruoli accademici».

Quanto ha influenzato la sua professione vivere a Milano?
«Quella di medico tantissimo. Avrei comunque scelto Medicina, ma a Milano le possibilità si sono ampliate. È tra le città con più centri di ricovero e cura, e qui ho trovato la spinta e grandi opportunità. Inizialmente, ho lavorato al Policlinico e al San Raffaele. Soprattutto quest’ultimo, negli anni ’80 era il centro della ricerca medica. Ma qui abbiamo anche Ieo, Besta, Istituto dei Tumori: nelle scienze mediche c’è una ricchezza veramente incredibile».


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