La lingua parlata influenza le malattie neurologiche

I risultati di uno studio del San Raffaele sull’afasia primaria progressiva: la ricerca ha messo a confronto pazienti americani e italiani

La lingua parlata influenza le malattie neurologiche
La lingua parlata influenza le malattie neurologiche

La lingua parlata può influenzare il modo in cui si manifestano alcune malattie neurologiche che colpiscono il linguaggio e, di conseguenza, le modalità attraverso le quali possono essere efficacemente diagnosticate.

 

A scoprilo è una nuova ricerca frutto della collaborazione fra il gruppo guidato da Massimo Filippi, docente dell’università Vita-Salute San Raffaele e primario di Neurologia e Neurofisiologia all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, e il Centro della memoria e dell’invecchiamento della University of California San Francisco. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Neurology, si concentra sulla cosiddetta afasia primaria progressiva (la perdita progressiva delle capacità linguistiche), in particolare sulla variante non-fluente, e mette a confronto pazienti americani di lingua inglese con pazienti italiani.

Italiani e americani. I risultati suggeriscono per la prima volta che i criteri diagnostici per la patologia – selezionati studiando le persone di lingua inglese – potrebbero non essere ugualmente efficaci per riconoscere pazienti che parlano altre lingue. Nel mirino dei ricercatori che hanno firmato lo studio ci sono proprio i criteri diagnostici di questo disturbo. La scelta dei due criteri diagnostici fondamentali per l’afasia non-fluente, ovvero la valutazione della capacità di pronuncia e di costruzione grammaticale, è infatti il frutto di ricerche condotte su pazienti di madrelingua inglese.

Idiomi differenti. «L’italiano è una lingua assai complessa dal punto di vista morfo-sintattico, ma relativamente semplice per quanto riguarda la fonetica. Viceversa, l’inglese presenta frasi più lineari ma con difficoltà di pronuncia evidenti dovute alla presenza di molte consonanti», spiega Elisa Canu, primo autore dello studio. «La nostra ipotesi era che la differenza tra le lingue, non presa fino a oggi in considerazione, potesse creare dei problemi nella diagnosi di questo tipo di patologie».

Lo studio. I ricercatori hanno reclutato 38 pazienti affetti da afasia primaria progressiva di tipo non-fluente, di cui 18 madrelingua italiani e 20 madrelingua inglesi. Dopo avere ricevuto una valutazione completa, tra cui esami di laboratorio, di risonanza magnetica e Pet (con l’obiettivo di accertare la correttezza della diagnosi), i volontari hanno effettuato le batterie di test linguistici e neuropsicologici per la diagnosi dell’App.

Il risultato mostra come, a parità di danno cerebrale dei pazienti inglesi e italiani, i sintomi sono diversi a seconda della lingua di appartenenza. Gli americani presentano prevalentemente problemi di pronuncia, mentre gli italiani faticano a costruire frasi complesse dal punto di vista grammaticale e sintattico, ma non hanno alcun problema fonetico. «Lo studio suggerisce la rilevanza delle differenze linguistiche nella valutazione dei pazienti affetti da disturbi neurologici del linguaggio e quindi la necessità di una maggiore attenzione e di nuove ricerche in questo campo. Molti dei criteri diagnostici odierni, basati sui sintomi dei pazienti di madrelingua inglese, rischiano di escludere una fetta di pazienti», conferma Massimo Filippi.

La lingua parlata influenza le malattie neurologiche
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