Giancarla Trevisan, storia di un bronzo: «E volevo giocare a calcio…»

giancarla trevisan
giancarla trevisan

Dagli Stati Uniti a Yokohama, con una bella medaglia di bronzo al collo tutta made in Italy: Giancarla Trevisan, 26 anni, è l’astro nascente dell’atletica italiana, quella che con la maglia azzurra è riuscita a conquistare uno storico terzo posto ai recenti Mondiali di staffetta nella 4×400. Lei che, portacolori della milanese Bracco Atletica, ha alle spalle una storia molto particolare.

Dalla California a Milano: ci spiega il suo percorso?
«Sono nata a Laguna Niguel, ma i miei nonni erano italiani. Ho sempre avuto il doppio passaporto e nel 2016 ho iniziato a correre per la Bracco».

Come mai questa scelta?
«Negli Stati Uniti quando studi svolgi anche attività sportive. Finiti gli studi, o smetti o continui ad altissimi livelli. E la concorrenza negli Usa è molto elevata. Così feci richiesta alla Fidal e trovai terreno fertile».

Il suo italiano, però, non è ancora ottimale…
«Vero, devo studiare (ride, ndr). Diciamo che i miei nonni non hanno mai parlato in italiano con me perché essere immigrati non era visto bene nella società americana. L’hanno fatto per proteggermi, anche se oggi mi sarebbe tornato utile».

Lei da giovanissima ha iniziato con il calcio.
«Esatto! Quasi per caso vidi dei ragazzi giocare in un parco e iniziai a tirare calci al pallone. I miei genitori, però, non mi hanno mai dato una concreta possibilità di sviluppo».

Come mai?
«Non lo so, mai saputo. Di certo il movimento del soccer negli Stati Uniti è un fenomeno molto recente, figurarsi quello femminile».

Però ha fatto in tempo a divenire “the fastest player in the conference”.
«Ma nel calcio devi segnare, non soltanto correre. Diciamo che per il ruolo che avevo, centrocampista offensivo, forse segnavo poco».

Di certo lei è l’esempio lampante di come studio e sport possano coniugarsi alla perfezione.
«Ho due lauree, una in psicologia e una in management dello sport. Poi, come detto, il sistema scolastico americano è molto diverso da quello italiano, ma sono orgogliosa di poter essere un punto di riferimento».

E a cosa si dedica nel tempo libero?
«Mi piace dipingere, probabilmente la vena artistica proviene dal papà architetto. Poi amo fare windsurf».

Il suo sogno ad occhi aperti?
«Poter andare alle Olimpiadi e tornare indietro con una medaglia al collo, magari del metallo più prezioso».

Con la bandiera tricolore da sventolare?
«Certamente. E regalando alla Bracco Atletica un altro prestigioso traguardo».

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«Atletica in fermento,
ma il contesto è triste»
Lo scenario di Angelotti, presidente Bracco

Il fermento che c’è intorno al mondo dell’atletica milanese è evidente, con la Bracco e la Riccardi che si spartiscono titoli nazionali, con Tortu che conquista il pubblico e con il sogno del Golden Gala: «Il contesto è triste, oltre al centro XXV Aprile c’è ben poco – l’ammissione di Franco Angelotti, presidente della Bracco Atletica –, gli altri spazi a disposizione sono lo scenario di una situazione drammatica».

Servirebbero investimenti, con il Golden Gala che potrebbe essere da stimolo: «Saremmo felici se arrivasse: si riprenderebbe la tradizione della Notturna che non si disputa più dal 2009. Mi auguro solo, però, che la campagna pubblicitaria non crei false attese».


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