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09. 05. 2024 11:03

Cividini Milano alla Fashion Week: «Da 40 anni fedeli al nostro artigianato»

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Per Cividini Milano è un punto fermo. «La moda è qui», dice convinto Piero Cividini, ceo e direttore creativo del marchio che porta il suo nome, famoso nel mondo per la maglieria di altissima qualità e non solo. Ha da sempre calcato le grandi passerelle della Fashion Week, poi ha optato per le presentazioni, come quella che ci sarà in show room dal 18 settembre fino al 25. «Sono in parte scelte obbligate.

Tutto quello che è successo negli ultimi anni ha messo in crisi tante imprese e se si vuole rimanere sul mercato bisogna essere “aziendalmente“ a posto, con conti in regola. Bisogna stare attenti a come spendere i soldi e certi eventi sono stati messi da parte. Ciò non toglie che appena ci si troverà in momenti più rosei tutto potrà riprendere come prima». La storia di Cividini è di quelle di tutto rispetto a dimostrazione di uno straordinario Made in Italy.

«Quarant’anni anni fa, quando è nato il brand, mentre il mercato della moda era dominato dalle macchine, noi facevamo già tutto a mano», racconta. Sede dell’azienda a Gorle, prima periferia di Bergamo. Miriam, sua partner da sempre, e Piero Cividini, fin dagli anni ’80, hanno saputo trasmettere la loro personalità, le loro idee e la conoscenza del prodotto basata su un mix di lavorazioni altamente artigianali e di moderna tecnologia. Il design raffinato e pulito, i materiali pregiati e una manifattura lussuosa sono i punti basilari della loro filosofia.

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Cividini Milano alla Milano Fashion Week

Quali novità presentate?
«Tra le ultime novità c’è un’edizione limitata di maglie realizzate con antichi telai a mano. A Gorle c’è la logistica, gli uffici, la parte creativa mentre la gestione della produzione è in Veneto, dove si trova il laboratorio artigianale. Ma abbiamo voluto portare qui le nostre maestre magliaie dalle mani preziose per dimostrare dal vivo il loro sapere».

Maglie uniche, quindi?
«Si replicano ma nessuna è uguale all’altra dato che passano tutte tra le mani delle artigiane, ci sono sempre differenze perché cambia la persona che le lavora. Per la maggior parte è affidato all’estro e in particolare, per quelle dipinte, ognuna ci mette del suo, capace di trasformare le idee in realtà».

Altrochè fast fashion, qui, semmai, siamo in pieno slow fashion.
«Non solo moda, ma una cultura della moda, che si discosta volutamente dall’effimero e ha l’ambizione di trasmettere alle nuove generazioni il valore e il piacere di un prodotto realizzato con cura e con amore, utilizzando materie prime di qualità e tecniche di produzione lente e rispettose dell’ambiente e del lavoro creativo dell’uomo».

Cividini
Cividini

Come si dipinge una maglia?
«Dipende dalla tecnica che viene utilizzata, dall’aerografo ai pennelli fino allo stancil che significa pellicole intagliate che a seconda del disegno si passano i colori quasi come se fossero quadri a stampa serigrafica non industriali ma artigianali, manuali. Si faceva un tempo mentre ora è tutto computerizzato, tutto un altro mondo rispetto a quello che veniva fatto fino a quindici anni fa: quadri di stampa su dei lunghi tavoli, ogni quadro aveva inciso il suo colore, più colori erano più quadri, un procedimento molto costoso e prettamente artigianale. Oggi si è sostituita con la stampa dei computer in modo industriale. Noi, invece, continuiamo così e in modo ancor più artigianale».

Oggi ci si riempie la bocca di termini come artigianalità, voi avete precorso i tempi.
«E’ così, e ormai da tanti anni non molliamo le nostre convinzioni. L’idea iniziale era fare cose artigianali mentre imperversava la macchina. Siamo partiti con la macchina della magliaia anni ’50 e abbiamo fatto tutta l’intera collezione con questo concetto. Il risultato è stato che lo stile e il design avevano un aspetto completamente diverso proprio perché le maglie stesse erano diverse. Questo ci aprì le porte di tanti negozi in giro per il mondo».

Lei è sempre stato coerente con il suo pensiero. Mai pensato di industrializzare le maglie?
«Tutto quello che vendiamo non viene fatto così, evidentemente. Altrimenti non saremmo mai andati avanti. Una parte ha mantenuto la caratteristica ufficiale e poi, ultimamente, visto che questo modo di fare è tornato di moda, ne abbiamo proposte di più rispetto a quelle degli ultimi vent’anni dove c’era una parte industriale e una piccola parte artigianale. Quello che non è cambiato in ogni caso è la filosofia con cui noi lavoriamo. Meno tocchi la materia nobile meglio è».

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