Proseguono i lavori ma soprattutto le polemiche legate al Museo Nazionale della Resistenza, con il sempre attivissimo comitato Baiamonti Verde Comune che ha scritto una lettera aperta a Comune di Milano, Istituto Nazionale Ferruccio Parri, ANPI, Ministero
della Cultura chiedendo risposte e chiarezza.
Procedono (tra le polemiche) i lavori per il Museo Nazionale della Resistenza, con il comitato Baiamonti Verde Comune che non molla e chiede risposte e chiarezza attraverso una lettera aperta: questa è la situazione attuale 🎥#Milano #Baiamonti pic.twitter.com/1LoqMPbdDT
— Mi-Tomorrow (@MiTomorrow) January 14, 2024
Museo Nazionale della Resistenza, la lettera aperta
«Il 10 ottobre 2023, quando gli alberi “interferenti” con il cantiere per la costruzione del Museo nazionale della Resistenza sono caduti sotto le motoseghe, avrebbe potuto segnare la fine della battaglia pluriennale del Comitato Baiamonti Verde Comune contro il consumo di suolo e per la conservazione a verde dell’area urbana rinaturalizzata in piazzale Baiamonti, a Milano. Ma così non è stato, noi non ci sentiamo sconfitti. Le motivazioni che ci hanno guidati restano salde, confortate dall’insofferenza sempre più diffusa nella nostra città per l’imperversare di politiche urbanistiche speculative, inique, distruttive. È arrivato il momento che ognuno si assuma le proprie responsabilità per quanto è accaduto».
Museo Nazionale della Resistenza, le proteste
«Noi consideriamo tutti i soggetti firmatari o investiti di responsabilità dal protocollo d’intesa del 20 ottobre 2020 corresponsabili dello scempio di un glicine storico e monumentale, amato dai cittadini milanesi; della distruzione di un ecosistema che operava in simbiosi con il Giardino comunitario Lea Garofalo; della morte violenta delle sue alberature, oltre che della violazione dell’art. 9 della nostra Costituzione. Lo scempio si poteva evitare? Noi riteniamo che l’Istituto Parri avesse più carte da giocare di
qualunque altro attore in campo per scongiurare l’irreparabile».
«L’ultima occasione mancata per tutti è stato il nubifragio del 25 luglio 2023 al quale hanno coraggiosamente resistito i tigli destinati all’abbattimento. Di fronte a un’emergenza ambientale di quella portata, con oltre 5 mila alberi caduti, il taglio di lì a poco di esemplari d’alto fusto, sani e resilienti, può configurarsi solo come un crimine ambientale. La legge attualmente non lo sanziona, ma resta un atto di profonda inciviltà».
Museo Nazionale della Resistenza, il post finale
«Terminiamo questa lettera con il post di un cittadino nella nostra pagina Instagram:
“Sono proprio gli alberi che hanno ‘custodito’ i partigiani nei boschi di tutto il territorio. Senza di loro non ci sarebbe stato rifugio per chi si è opposto con la vita alla dittatura fascista/nazista e questa occasione sarebbe stata ideale per inaugurare un nuovo modello di ‘museo’ con più contenuti e meno cemento/trame di finanza e potere. Una grande occasione sprecata nella quale si sarebbero potute attivare alternative concrete e anticipatorie di un ‘sentimento’ ecologico (anche di pensiero) diffuso”».