Fotografando con Paolo Marchesi: “Milano dall’alto è la mia New York”

Paolo Marchesi
Paolo Marchesi

«Cerco sempre di fotografare Milano dall’alto perché è una prospettiva più esclusiva e insolita: gli stessi luoghi appaiono in una veste nuova, inaspettata a volte sorprendente». Paolo Marchesi ha fatto della fotografia la sua professione e adora ritrarre la sua città da angolazioni inedite. Grazie ai social (@luneberg_su Instagram) e ai suoi siti (dearmilano.it e paolomarchesi.it) condivide scatti mozzafiato.

Chi è Paolo?
«Sono un fotografo e realizzo siti internet. Sono nato e vivo a Milano: un autentico “F205” (la sigla presente sul codice fiscale dei residenti a Milano, ndr)».

Analogico o digitale?
«Sono entrambi assolutamente inclusivi e funzionali. Si potrebbe considerare il percorso analogico fondamentale per la ricerca e la composizione fotografica: mi piace citare il concetto di “previsualizzazione” di Ansel Adams secondo la quale, prima ancora di pensare a scattare una fotografia, si analizza l’ambiente per determinare come sarebbe ad una certa ora o con un certo tipo di luce. Per contro, il digitale ha l’innegabile vantaggio di immediatezza, velocità e potenza. Lightroom e photoshop non sono un’opzione, sono fondamentali». Che tu sia un neofita della grafica o del web design o uno sviluppatore web esperto che è solo stanco del costo di un abbonamento Adobe, Photoshop non è l’unica opzione di fotoritocco.

I social hanno spostato gli equilibri?
«Sicuramente: la fotografia si è trasformata anche in un vero linguaggio di massa e il digitale offre il vantaggio di utilizzare cameraphone, oppure, droni con gimbal e camera ad alte prestazioni capaci di opportunità creative impensabili fino a qualche anno fa. Di contro, anche l’analogico rivive un momento magico e di massa grazie al fenomeno “Instax” (i nuovi apparecchi per la fotografia istantanea, ndr)».

Quindi, prediligi la post-produzione alle foto “nature”?
«Dipende dalla destinazione e dall’utilizzo dell’immagine. In ambito artistico utilizzo la post-produzione consapevole, ovvero tramite Lightroom ed eseguo sempre le funzioni base come correzione dell’esposizione, contrasto, luci, ombre, saturazione, temperatura e curve. In ambito comunicazione o still life invece utilizzo professionale della post e fotoritocco con photoshop».

Quali sono i luoghi di Milano che più ti piace fotografare? Perché?
«Milano è una città che non affascina tutti immediatamente, ha bisogno di tempo per farsi apprezzare da chi la visita. Bisogna passeggiare a lungo per le sue strade, osservarne le piazze e farsi sorprendere dagli scorci nascosti tra palazzi, cortili, vicoli e meraviglie segrete. Suggerisco un modo diverso per scoprire la città: vedere Milano dall’alto, che rivela una dimensione nuova e suggestiva».

Quali le tue “cime” milanesi preferite?
«A me piace fotografare la Milano “verticale”, la considero una piccola New York Italiana. il mio posto preferito da cui scattare è indubbiamente dal tetto della Torre Velasca indiscusso landmark Milanese che mostra tutta Milano in un solo scatto: il Duomo, la Galleria, il Teatro alla Scala, il nuovo Skyline di Porta nuova e il quartiere CityLife. Anche dalla cima della Torre Turati il panorama è mozzafiato».

Nei tuoi scatti sono molto presenti giochi di geometrie…
«Il paesaggio urbano quindi la città, rappresenta il classico esempio di fotografia di architettura come testimonianza stessa dell’ambiante creato, cambiato e vissuto dall’uomo. L’architettura urbana consente di ricercare inquadrature, grazie a geometrie e simmetrie».

Suggerimenti tecnici?
«Anche in questo caso è sempre utile la regola dei terzi per la composizione».

Nelle tue foto non ci sono soggetti umani, come mai?
«Nelle fotografie di Milano la mia ricerca è comunicare con l’architettura, le geometrie e la luce, la presenza umana troverebbe un significato per dare il senso delle proporzioni ma sposterebbe altrimenti l’attenzione. Se realizzo una composizione fotografica dalla geometria ispirata dalle architetture, ed inserisco una figura umana, il soggetto non è più l’architettura, ma il valore ed il significato si spostano sulla componente umana e forse sulla connessione stessa fra essa e lo spazio che la circonda».

Il prossimo viaggio dove e per fotografare cosa?
«Ho avuto la possibilità di viaggiare parecchio e subisco sempre il fascino delle megalopoli del mondo. New York è la città dove torno spesso e non mi stanca mai. Il prossimo viaggio, questa estate in Giappone: non sarà certo la stagione migliore per visitarlo ma ho grandi aspettative fotografiche, umane e culturali».

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