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19. 04. 2024 00:30

Mahmoud, stupore periferico

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La vittoria a Sanremo di Alessandro Mahmoud, noto ormai a tutti come Mahmood, ha causato un balzo di notorietà e popolarità al Gratosoglio, un quartiere descritto da sempre come “difficile”. Ogni volta che succede qualcosa di buono in qualche periferia, quando un suo abitante diventa famoso per qualcosa di positivo si innesta sempre questo circuito di stupore. Un po’ come se dalla gabbia dei leoni il santo emergesse senza un graffio, come se fosse accaduto qualcosa di straordinario e non umanamente concepibile.

È una visione distorta e ingiusta, incapace di cogliere la normalità della vita e delle vite. Gratosoglio, Quarto Oggiaro, Barona, Corvetto sono sicuramente quartieri in cui ci sono difficoltà, aree di degrado e di disagio. Ma, uscendo dalla tremenda logica della divisione tra buonisti e cattivisti, dovremmo forse fare lo sforzo di essere un po’ più realisti. In quei quartieri, come in altri, la stragrande maggioranza della popolazione è fatta di persone perbene, che magari fanno qualche sacrificio in più, ma che contribuiscono quotidianamente a rendere la nostra città più bella e interessante.

Non significa non guardare in faccia alla realtà fatta di tanti problemi, di tante situazioni di difficoltà e di emarginazione. Significa guardare anche all’altro lato della medaglia, fatto magari di genitori che incoraggiano un figlio che ha qualche particolare passione artistica, di ragazzi che hanno voglia di creare qualcosa di bello e che dia loro un senso. Ci sono persone normali, né meglio né peggio di altre, nelle periferie. Quando vedo stupore verso qualcosa di grande che accade lì, ci leggo un po’ di sottile razzismo e snobismo. Come se ci aspettassimo, da certi luoghi, solo notizie di cronaca.

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