La povertà è una cosa molto seria

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Nel corso del 2018 sono state circa 18mila le persone in stato di povertà che hanno chiesto aiuto alimentare ai centri d’ascolto della Caritas Ambrosiana. Un dato altissimo, in una città che rappresenta l’idea di ricchezza e di benessere, che si racconta come “place to be”, si auto narra come meta ambita, come luogo delle possibilità e dell’ottimismo nel futuro e nell’innovazione.

Chi chiede aiuto per mangiare è in una condizione in cui non esistono speranze, progetti, domani, ma solo l’incombenza del bisogno quotidiano, impellente e drammatico qui, ora, oggi. A questi dati si aggiungono i numeri altrettanto preoccupanti di QuBì, programma della Fondazione Cariplo, che stima in 21mila i bambini a Milano che non riescono a nutrirsi in maniera adeguata.

Di fatto, un minore su 10 non ha un’alimentazione sufficiente e/o adeguata. Sono numeri impressionanti e che devono far riflettere seriamente, oltre che agire. Caritas, fondazioni come Cariplo, associazioni di volontariato (che sono il cuore pulsante e fiore all’occhiello di Milano e del suo spirito votato alla solidarietà) fanno un grandissimo lavoro per rispondere ai bisogni primari. Resta però un tema più difficile da affrontare, che risiede nelle cause di queste grandi sacche di povertà.

Sappiamo bene che la povertà non si sconfigge con un decreto o con una legge. Ma appare urgente che Milano si interroghi su come offrire opportunità a chi non le ha, a come rendere il futuro una possibilità per tutti. Una nuova lotta senza quartiere alle diseguaglianze, perché se crescono sono destinate a creare, oltre che ingiustizie, potenziali situazioni esplosive. Come farlo è un tema enorme di pensiero e azione.


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