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23. 04. 2024 23:54

Tony Lofaro racconta la Shoah e la “sua” Anna: «Il ricordo è una missione»

Nel Giorno della Memoria, il coreografo va in scena al Lirico: «Ho voluto costruire la vicenda affidandomi a un punto di vista differente: gli occhi di Otto, il padre di Anna»

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«Ideare, coreografare e dirigere Anna significa per me muovere con rispetto un pezzo della nostra storia, nei movimenti dei danzatori raccolgo tutta la poesia che tento di trasformare da quell’orrore chiamato Shoah». A dirigere tutto, come il più rispettoso dei pittori, c’è Tony Lofaro, coreografo e regista di Anna, diario figlio della Shoah, in scena il 31 gennaio al Teatro Lirico Giorgio Gaber per il Giorno della Memoria.

Anna, diario figlio della Shoah, di Tony Lofaro in scena al Lirico nel Giorno della Memoria

Dipingere una pagina oscura con pennellate di colore nuove, con tinte delicate. Musica che esplode, raggiunge l’anima, ballerini che si esprimono con i loro movimenti, parole ricche di significato. Lo spettacolo nasce grazie al suo volere e a quello della cooperativa sociale Colisseum, di cui Tony Lofaro è direttore artistico.

Tony LofaroFesteggi venticinque anni di carriera con uno spettacolo dall’alto valore artistico, storico e sociale. Come mai hai scelto proprio la storia di Anna Frank?
«Nel periodo storico in cui viviamo, le parole di Anna suonano come un pugno nello stomaco. Certo, ci sono centinaia di spettacoli sulla Shoah e tanti su Anna Frank. Ma ho voluto costruire la vicenda affidandomi a un punto di vista differente: gli occhi di Otto, il padre di Anna e unico sopravvissuto della famiglia. Il suo è il solo linguaggio di parola, tutto il resto è danza. Lo spettacolo si avvicina al musical».

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Si può dire che sfiora addirittura l’Opera?
«Sì, ricorda l’Opera sia per la macchina visiva, sia per la scena d’insieme. Anche la colonna sonora è importante, solenne, quasi cinematografica. Non voglio anticipare troppo, ma Anna, a metà spettacolo, quasi scompare. Lei è un simbolo universale, la testimone di centinaia di migliaia di ragazze. Leggendo le pagine del suo diario mi ha sempre colpito la sua maturità, spesso ci si dimentica che la Frank era solo un’adolescente, che oltretutto viveva negli anni Quaranta».

E’ stato descritto come lo “spettacolo che sfiora l’anima”.
«Mi riempie di gioia. Io so che questo spettacolo, nonostante tutto, vive di poesia. Durante la pandemia abbiamo prodotto un docufilm in cui teatro e memoria andavano a braccetto. Così ho conosciuto Sami Modiano, sopravvissuto ai campi di sterminio. Il mio lavoro si è trasformato da uno spettacolo fatto con sentimento, a una vera e propria missione. Vivo con un bel senso di responsabilità, ma anche con grande pace interiore che cerco di trasmettere a tutti: dal primo artista che va in scena, fino all’ultimo tecnico che sta dietro alle quinte. Il teatro, lo spettacolo, diventano per me un mezzo, un mezzo che fortunatamente combacia con la mia ragione di vita».

Come si approcciano le nuove generazioni a questa pagina oscura della Storia?
«Per me e Colisseum la divulgazione è un aspetto cruciale. Tutte le volte che ho incontrato i giovani ho notato molto interesse e attenzione. Penso che sia molto facile metterli davanti a un documentario che probabilmente non lascerà nulla. Diverso è invece farli partecipare attivamente, portandoli a teatro o coinvolgendoli in webinair. Questa è la rivoluzione della semplicità, è quello di cui abbiamo bisogno: farci prendere per mano da Anna e intraprendere un viaggio».

Come hai fatto a trasformare l’orrore della Shoah in uno spettacolo che onori la memoria e diventi quindi bellezza?
«Ho fatto solo quello che ho sentito. Pochi soggetti, tante suggestioni. Credo di avere una mano che dall’alto mi guidi, degli occhi che dall’altro mi guardino. Cascare nel banale sarebbe stato molto facile. So che mi sto donando completamente a questo progetto».

Com’è preparare questo spettacolo dal punto di vista emotivo?
«E’ impegnativo, ma la stanchezza la ascolto come silenzio da rispettare. La storia non possiamo cambiarla. Ciò che non dobbiamo fare però è mettere la polvere sotto il tappeto. Ancora oggi accadono fatti che ricordano le ingiustizie e gli orrori della Shoah. Ci dobbiamo fare caso. Il nostro compito è ricordare con qualsiasi sia il mezzo, ognuno di noi lo può fare. Bisogna solo volerlo».

Anna, Diario figlio della Shoah
Teatro Lirico Giorgio Gaber
Martedì 31 gennaio alle 20.45
Biglietti: da 25 euro su ticketone.it

 

LA TRAMA

Anna, Diario figlio della Shoah

A seguito della salita al potere di Hitler, Otto Frank decide di trasferire l’intera famiglia in un nascondiglio di Amsterdam, lontano dalle restrizioni sempre più dure, sino ai rastrellamenti degli ebrei nella città. Nel nascondiglio le giornate passano lente, ma la speranza non manca mai. È proprio la speranza il motore di Anna, che scrive il suo diario colmo di pensieri ed emozioni.

Il 4 agosto 1944, in seguito alla soffiata di un informatore, vengono deportati nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. Dopo il viaggio in treno verso la Polonia, la piccola Anna e Otto vengono separati e mai più si riabbracceranno. Otto vive la sua vita nel campo, sino a riuscire a fuggire grazie alla benevolenza di una guardia nazista. Torna a casa, unico sopravvissuto della famiglia, e qui trova Kitty, il diario di Anna. Nulla sarà più come prima per lui. Anna verrà trasferita nel campo di sterminio di Bergen-Belsen e morirà di tifo tra il febbraio e il marzo del 1945.

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