Sono sei giovani donne, quattro milanesi e due venete, tutte fra i 23 e i 27 anni. E, con l’intento di avvicinare i bambini dai 6 agli 11 anni ai luoghi della nostra cultura, hanno inventato PasspArtout.
PasspArtout, di che cosa si tratta?
Il progetto si sviluppa su due direttrici: un passaporto cartaceo, acquistabile online al costo di 10 euro su passpartout.art, sul quale i bambini possono collezionare i timbri dei posti che visitano (musei, biblioteche, planetari, ville e giardini, cinema e teatri che fanno parte del “network”); un’app, che sarà lanciata ai primi di dicembre, con giochi da scaricare, la mappa dei luoghi visitabili e un passaporto digitale che integra quello cartaceo. Circa venti, al momento, i partner con la maggior parte a Milano e dintorni: dal MUBA all’Osservatorio Astronomico di Brera, dal Teatro Bruno Munari all’orchestra La Verdi.
Il progetto è curato nei minimi dettagli: i bambini sono accompagnati da sei personaggi che rappresentano un settore della cultura. Il leone Leonardo è il custode dei musei, il leopardo Giacomo rappresenta le biblioteche, il gatto Federico è il portavoce del cinema. «Se li si abitua fin da piccoli, da adulti saranno predisposti a loro volta a portare i figli nei musei e nei teatri», spiega a Mi-Tomorrow una delle ideatrici, Valentina Garola.
Com’è nata questa idea?
«Tutte abbiamo frequentato Economia e gestione dei beni culturali in Cattolica e facciamo parte dell’associazione universitaria Culturit. Nel 2020 abbiamo partecipato a un hackaton, una competizione fra gruppi che si svolge in 24-48 ore, accettando la sfida di creare un progetto per risollevare il settore culturale dopo il Covid. Come target abbiamo subito pensato ai bambini».
Come si possono avvicinare i bambini alla cultura?
«Se li si abitua fin da piccoli, da adulti saranno predisposti a loro volta a portare i figli nei musei e nei teatri. Con la nostra iniziativa pensiamo di avvicinarli attraverso la tecnica del gioco, tra il collezionismo dei timbri e un percorso di storytelling adatto a loro».
È stato difficile trovare i partner?
«All’inizio sì perché non ci conoscevano, ma i primi che ci hanno dato fiducia sono stati proprio il Muba e l’orchestra La Verdi».
Farete emergere anche realtà più “nascoste”?
«È il nostro intento. La speranza è che attraverso la nostra rete, una famiglia che va all’Anteo si incuriosisca scoprendo che ci sono anche altre realtà come la Kasa dei libri».