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27. 07. 2024 03:46

Negli states riaprono i ristoranti. La storia di una milanese nella grande Mela: «Io, da Pioltello a Harlem»

Elena Della Volpe è la manager di Sottocasa Pizzeria. La pandemia ha colpito duro il suo ristorante: «Abbiamo dovuto licenziare quasi tutti, ma ora si riapre»

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Che Elena Della Volpe avrebbe lasciato Milano lo sapeva già da piccola, «quando da ragazzina scapestrata crescevo nel negozio da calzolaio gestito da mamma e papà», immigrati a Pioltello dalla provincia di Caserta. Che lei stessa sarebbe stata immigrata, da Milano a New York, «a cinquant’anni e per gestire un ristorante ad Harlem», non era però previsto. E invece, nonostante gli strattoni della pandemia, Elena è ancora a New York. E con il marito Matteo gestisce Sottocasa Pizzeria.

Domopak. «Fammi dire subito una cosa: a me Pioltello non è mai andata giù». Chiacchierando con Elena da un tavolino del ristorante, nella New York in lenta ripresa dal collasso coronavirus, i ricordi corrono alla grigia provincia di Milano degli anni ’70. «Realtà che proprio non ti entrano dentro nell’anima», dice.

Qui però muove tutti i primi passi. Dai genitori impara «che nulla ti sia dovuto e che non esiste professione che si possa fare bene senza sudare tantissimo». Sette giorni dopo la maturità inizia a lavorare per un’agenzia legata a IBM, divisa tra vendita e tecnologia. «Sono stata un po’ come la pellicola del Domopak: mi sono adattata a ciò che ho trovato e provato a dare il meglio».

Monza e Assago. Nella Milano da bere degli anni ’80 e ’90 inizia la sua crescita. Vive in una casetta in viale Monza, «un sottotetto che ho ancora nel cuore». Al lavoro entra in contatto per la prima volta con gli Stati Uniti lavorando per Dell Computers, ad Assago Milanofiori: «Facevo parte di un’armata: vendevamo al telefono milioni di lire di commesse, eravamo tutti giovanissimi e affamati. Lì ho iniziato ad avere un assaggio dell’etica lavorativa a stelle e strisce».

L’Elba. Per l’assaggio della ristorazione, invece, finisce all’Isola d’Elba, dove vive per diversi anni con il suo partner di oggi, Matteo. «Mi ero stufata delle vendite, dopo anni di stress – ricorda –, così mi sono messa dietro ai banconi di bar e ristoranti». Due stagioni di gavetta, poi nel 2010 il primo ristorante a Capoliveri, Pappa&Ciccia. Sono in due all’inizio, lei e una cuoca. «Lo abbiamo ripulito tutto e provato a far funzionare. Non sapevo sarebbe stata la mia scuola per New York».

Negli Usa. Di Harlem Elena si innamora per la prima volta nel 2010, da turista. Ci ritorna nel 2014, ma da imprenditrice, quando una finestrella per la gestione di Sottocasa si apre per lei e Matteo. L’esperienza all’Elba è in esaurimento per entrambi, l’opportunità è ghiotta. «Era anche l’ultima, vista l’età». Si buttano, «aprendo le giuste porte e affidandoci un po’ al destino».

La prima stanza in una casa condivisa fatiscente e la location del ristorante che non si trova, nelle prime settimane. Poi la svolta: «Un giorno passeggiavamo su Lenox Avenue», dove si trova la pizzeria oggi ad Harlem. «Misero l’insegna con scritto “Affittasi” proprio mentre ci camminavamo davanti. Era il nostro posto».

Domani. La pandemia ha messo Sottocasa, come tutti i ristoranti a New York, a durissima prova. «Abbiamo dovuto licenziare in massa l’anno scorso, ma siamo rimasti in piedi con personale ridotto all’osso e delivery», dice Elena.

Nei cinque anni di gestione newyorkese, «ho dovuto essere all’altezza su tutto e imparato a fare la pizza, perché se non sai fare un lavoro non puoi nemmeno gestirlo». È andata bene. E ora, mentre New York si vaccina e riapre, Elena pensa al futuro: «Questa splendida città è a tempo per tutti, ma ancora non me la sento di dirti quando finirà il nostro».

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