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27. 07. 2024 07:32

L’amore nella malavita, il racconto di Roberto Saviano: «A teatro si respira sempre libertà»

A tu per tu con il giornalista che stasera arriva all’Arcimboldi con il suo spettacolo: «Storie incredibili che non sono riuscito a inserire nel libro Noi due ci apparteniamo, ma che volevo raccontare a tutti i costi»

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Questa sera il Teatro Arcimboldi apre le sue porte a Roberto Saviano che arriva a Milano con Appartenere, la vita intima del potere criminale, spettacolo nato dal suo nuovo libro Noi due ci apparteniamo in cui si parla di amore e passione all’interno delle organizzazioni criminali. Non è la prima volta a teatro per lo scrittore napoletano che già in passato ha narrato i suoi racconti sul palcoscenico senza dimenticare le importanti esperienze da drammaturgo in opere come La paranza dei bambini scritto con Mario Gelardi e Sanghenapule – Vita straordinaria di San Gennaro con Mimmo Borrelli. Ora tocca a un argomento sicuramente originale che incuriosisce senza, però, dimenticare il contesto criminale in cui si svolge. Ne parla in un’intervista esclusiva a Mi-Tomorrow.

Roberto Saviano stasera arriva all’Arcimboldi: «Non esiste potere che non voglia irreggimentare i corpi, non esiste potere che non venga sconvolto dalla passione»

Cosa l’ha spinta a raccontare questo lato della criminalità?
«La necessità di mostrare come l’appartenenza sia una declinazione del potere, e il dominio sui corpi e sui sentimenti, una parte integrante della regola mafiosa».

Come si è passati dal libro allo spettacolo teatrale?
«È materiale raccolto durante lo studio per il libro, storie incredibili che non sono riuscito a inserire in Noi due ci apparteniamo, ma che volevo raccontare a tutti i costi. Libro e spettacolo sono racconti complementari».

Perché un’organizzazione criminale ha paura della passione e dell’amore?
«Ogni potere, non solo quello criminale, teme la deriva a cui conducono passione e amore intesi anche come libertà dei corpi. Non esiste potere che non voglia irreggimentare i corpi, non esiste potere che non venga sconvolto dalla passione».

L’amore è un punto debole per un boss?
«Lo è perché fa perdere di vista l’obiettivo, perché dona alla vita motivazione, perché attribuisce nuovo valore al tempo trascorso con la persona amata. Penso al boss Paolo Di Lauro che, con una faida in corso, va in Russia per inseguire la ragazza di cui è innamorato. Penso a Matteo Messina Denaro, braccato dalle polizie di tutto il mondo, che più di ogni altra cosa teme che per strada possano incontrarsi le due donne a cui ha promesso amore».

Nello spettacolo si parla anche di omosessualità, c’è differenza tra omosessualità maschile e femminile?
«Nelle organizzazioni criminali c’è innanzitutto differenza tra gli uomini passivi e quelli attivi. Se sei attivo, nel rapporto sessuale, anche in una dinamica tra due uomini, non sei considerato gay. L’omosessualità femminile è percepita come una sorta di ribellione, ma non è considerata un ostacolo all’affiliazione».

Il teatro, rispetto alla tv, riesce meglio a smarcarsi dai tentativi di censura?
«Il teatro è un canale di comunicazione che, in molti casi, respira ancora nel perimetro della libertà, perché risponde a logiche opposte rispetto a quelle che governano la tv, soprattutto la tv pubblica. Il teatro lo sostiene il pubblico, se la sala è piena, la censura fa fatica ad arrivare. Il 25 aprile a Napoli, al teatro Bellini, mi hanno raccontato che alla fine dello spettacolo di Familie Flös, gli attori tedeschi hanno intonato dal palco Bella ciao e l’hanno cantata insieme al pubblico in sala. Chi c’era mi ha detto che è stata la cosa più naturale del mondo, in quel contesto, intonare quel canto che è un canto universale, che racconta ovunque nel mondo la liberazione dal potere iniquo e assassino. Altrove sarebbe stato percepito come uno sgarro al governo, come uno strappo, come una provocazione provocare. In teatro no. È stato vissuto esattamente per quello che è: un canto di libertà».

Che rapporto ha con Milano?
«Ho un rapporto di consuetudine. Ci ho passato molto tempo, sicuramente un tempo per me prezioso. La prima volta in teatro è stata proprio a Milano, al Piccolo. Con Serena Sinigaglia prima e con Mimmo Borrelli poi. Una pratica, quella teatrale, che ha totalmente modificato il mio sguardo».

 

LO SPETTACOLO

Due regine del narcotraffico s’incontrano in un’asfittica prigione cilena, fra loro scoppia un amore. Uno spietato boss della camorra vaga per il mondo in cerca della giovane ragazza che gli ha spezzato il cuore. Matteo Messina Denaro spende gli ultimi scampoli della sua latitanza barcamenandosi fra i ricordi e fra i letti delle sue tante amanti. Un feroce killer della ‘ndrangheta fa coming out e va a convivere con il suo compagno, scatenando le ire del clan. Cos’è il sesso per le organizzazioni mafiose? Opportunità di controllo, sopraffazione, strumento per creare nuove alleanze o per distruggerne di vecchie, stigma o vanto, esaltazione o vergogna? Con questo nuovo accecante caleidoscopio di storie, facce, racconti inconfessati, Roberto Saviano disegna un quadro preciso, spesso romantico, talvolta atroce, della criminalità organizzata alle prese con la questione più spinosa e delicata che le si possa presentare: quella del sentimento e del sesso. Dal palco Saviano accompagna lo spettatore attraverso un viaggio inedito nella vita intima del potere criminale.

Stasera alle 21.00
Teatro Arcimboldi
Viale dell’Innovazione 20, Milano
Biglietti: da 30 euro su teatroarcimboldi.it

In breve

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