Coronavirus: psicosi e bufale corrono più veloci del virus, un giro in Chinatown

Chinatown affollata di notizie non verificate e più povera di gente: sono i primi effetti di una psicosi che si è già abbondantemente presa i suoi spazi

La psicosi corre e si espande più veloce del virus. La cassa di risonanza del coronavirus ha iniziato ad echeggiare sempre più forte anche nel nostro Paese, soprattutto da quando sono stati accertati i primi due casi di contagio relativi a due turisti cinesi a Roma.

 

Coronavirus, le mosse del governo

Il premier Conte, una volta appresa la situazione, ha convocato una conferenza stampa a Palazzo Chigi durante la quale, insieme al ministro della Salute Speranza, si è affrettato a dichiarare lo stato d’emergenza e a bloccare il traffico aereo da e per la Cina: «Siamo il primo paese europeo che adotta una misura cautelare di questo genere». Ma sembra già preistoria e la situazione sta evolvendo rapidamente.

Al lupo, al lupo. I fatti hanno un suono diverso dalle parole. Nonostante le raccomandazioni del premier a non creare allarmismi e panico sociale, la scelta di dichiarare lo stato di emergenza e di stanziare ben 5 milioni di euro per contrastare il coronavirus non ha lasciato indifferente la sensibilità dell’opinione pubblica.

La propaganda politica non fa altro che enfatizzare la pericolosità del virus. Da un lato il leader della Lega Salvini a spingere sull’incapacità di Roma di controllare le frontiere, dall’altro l’esecutivo pronto a mettere in atto misure restrittive per dimostrare di avere saldamente in mano la situazione.

A completare la “ricetta del panico”, le tanto attese fake news che più “rimbalzano” e più diventano pericolose. A partire dalla teoria per cui il coronavirus sarebbe il risultato di un esperimento militare non andato a buon fine da parte del governo cinese. Un’autentica bufala vecchia di tre anni e lanciata, a suo tempo, da un tabloid americano.

Mascherine sold-out. Le conseguenze negative di questa fobia da virus si stanno riversando soprattutto sulle imprese cinesi. Solo in Lombardia si contano diecimila ditte con titolari provenienti dal paese della Grande Muraglia.

«Anche attraverso queste imprese, a Milano si creano rapporti con i paesi d’origine e nuove occasioni di business – ha sottolineato Marco Accornero, membro di giunta della Camera di Commercio –. In questi giorni l’allerta è alta e rischia di tradursi in un impatto negativo sul business della componente cinese della nostra economia».

In via Paolo Sarpi. Non potevamo non provare a captare il sentiment da via Paolo Sarpi, cuore e motore della nostra Chinatown. Nonostante – come da tradizione – i commercianti cinesi siano restii a parlare, è lo scenario che parla da sé: via vai di gente è sempre meno intenso, all’interno dei negozi regna un insolito silenzio.

Anche i commercianti italiani in zona non esitano ad attribuire il calo delle vendite alla psicosi da coronavirus. Le uniche attività a fare affari, ça va sans dire, sono le farmacie: in via Sarpi non si trova più neanche una mascherina. E la ricerca della notizia a tutti i costi – anche a quello di mistificare la realtà – ha già vinto una nuova battaglia.

Quattro bufale

1

Il coronavirus è un’arma batteriologica nata in un laboratorio militare a Wuhan e sfuggita al controllo dei cinesi

2

Un istituto britannico avrebbe creato il virus ed il vaccino per poter incassare un sacco di soldi al momento giusto

3

Bill Gates avrebbe finanziato con la sua fondazione l’istituto del punto 2. Il suo obiettivo? Decimare la popolazione mondiale

4

Non mangiare nei ristoranti cinesi, in quanto gli imballaggi delle merci utilizzate potrebbero essere stati contaminati dal virus