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21. 05. 2024 02:41

Il Gioco d’azzardo raccontato da chi ne sta uscendo: «Non riuscivo più a controllare la mia vita»

Dalla testimonianza esclusiva di un ex giocatore agli esperti che lanciano l’allarme analizziamo un fenomeno pericoloso, ma spesso troppo nascosto

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Il 2023 è stato un anno di vera esplosione per il gioco d’azzardo, soprattutto tra i minori. L’azione di contrasto a questo fenomeno va a correnti alterne, non sempre esistono veri controlli sulla presenza dei minori nelle sale gioco, dove spesso è possibile anche prelevare e pagare direttamente con il pos. Tutte azioni che certo non vanno a contrasto del fenomeno e a favore delle persone che soffrono di questa che è una patologia.

La Lombardia è la terza regione italiana per raccolta pro-capite da gioco su rete fisica secondo gli ultimi dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e ISTAT. I numeri sui giovani poi non sono confortanti, sono 120mila gli studenti dai 15 ai 19 anni con profilo di gioco problematico nel 2023, 63mila hanno meno di 18 anni, il 60% dei ragazzi poi ha dichiarato di aver giocato almeno una volta nella vita e il 4,5% di questi ha già un profilo di gioco considerato problematico.

Questi dati sono contenuti nello studio ESPAD® presentato a Milano durante la terza tappa de La trappola dell’azzardo, il progetto ideato da Avviso Pubblico per sensibilizzare i più giovani sui rischi di questa dipendenza. «Dalle scommesse sportive al gioco online era diventata una vera e propria dipendenza», racconta così Guglielmo, la sua lotta contro la ludopatia.

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A soli 13 anni ha iniziato per caso e poi non si è più fermato, mettendo a rischio i rapporti sociali, il lavoro. Ma la ludopatia, nel suo caso, è stata la conseguenza della solitudine e di una fragilità interiore. Ora ha 26 anni e con l’aiuto di un’associazione ne sta pian piano uscendo da questa trappola psicologica.

Guglielmo, ex giocatore milanese, racconta la battaglia contro il gioco d’azzardo

Come hai iniziato a giocare?
«Ho cominciato molto piccolo, a 13 anni, per divertimento con gli amici e anche per noia. A un certo punto però questo comportamento è stato la causa del distacco proprio dai miei amici».

Racconta.
«Per loro finiva lì, era davvero solo un gioco, invece per me proseguiva come una dipendenza».

Cosa ha comportato questa tua dipendenza?
«Mi ha portato a mentire, ad allontanarmi da tutti per non farmi scoprire, a mettere una maschera e questo è durato tanto, più di dieci anni e adesso sono in recupero.»

Che tipo di gioco facevi?
«Ho sempre giocato dal vivo con le scommesse sportive, ma durante il lockdown una serie di fattori tra cui solitudine e depressione mi hanno fatto incrementare il gioco scoprendo anche l’online».

Questo tuo stato emotivo era la causa non la conseguenza del gioco?
«Sì, era la causa. Ero solo, giovane e fragile da un punto di vista affettivo ed emotivo, così mettevo tutto nel gioco».

La tua famiglia ti stava accanto?
«Non vivevo con loro, mia madre adesso lo sa e mio padre no».

Quando hai deciso di cambiare?
«Quando ho toccato il fondo e non riuscivo più a controllare la mia vita, dal punto di vista dei debiti, ma anche come voglia di fare le cose. Quando sei in quella situazione non hai più stimoli al lavoro, nelle relazioni, nello sport e allora ho deciso di chiedere aiuto».

Pensavi solo al gioco?
«Per la maggior parte del tempo, ho sempre avuto una vita sociale ma questa era condizionata dal gioco. Se vincevo ero felice e allora mi andava di vedere gli amici, se perdevo stavo lontano da tutti».

Quello che ti ha spinto quindi non era la parte economica?
«No, in realtà è iniziato davvero come un gioco, ma poi non mi sono fermato ed è diventata una vera e propria malattia, una dipendenza. Quando te ne rendi conto è dura, hai la voglia di fermarti, ma spesso non ci sono i mezzi, non sai come uscirne».

E poi come sei riuscito a farti aiutare?
«Ho conosciuto un’associazione, di cui non posso fare il nome, in cui ci sono persone con il mio stesso problema, ognuno porta la sua testimonianza e seguiamo un programma di recupero. Non c’è giudizio, lì ognuno è lo specchio dell’altro e si costruiscono legami autentici».

Da quando sei lì?
«Ho iniziato da un anno, dopo un percorso da una psicoterapeuta. Vado avanti con la forza di volontà. L’obiettivo è a breve termine: un giorno alla volta senza aver paura del futuro».

Se ripensi a quello che eri dieci anni fa in cosa ti senti cambiato?
«Penso di essere cambiato, sì, di aver acquisito più consapevolezza che è alla base di qualsiasi percorso, a livello familiare e imprenditoriale. Io sono consapevole della malattia e della dipendenza che ho e che probabilmente mi porterò dietro per tutta la vita, dovrò solo controllarla rimanendo lucido e saldo sulla mia strada».

Ti sentivi solo in quei momenti?
«Si assolutamente. Oggi ci sono un po’ di campagne e messaggi che ti ricordano che il gioco è patologico e può creare dipendenza, ma secondo me ci sono ancora pochi appigli e soprattutto noi giocatori tendiamo a isolarci, a non farci scoprire, perché vediamo tanto giudizio intorno».

E quello vi colpisce?
«Sì, anche ci sono persone con altri problemi che vengono più giustificate. Noi invece veniamo visti come dei falliti che buttano via la loro vita (cosa assolutamente vera), ma c’è da capire che questa è una vera e propria malattia psicologica tanto quanto anoressia o depressione».

Adesso lavori?
«Io lavoro come libero professionista in ambito grafico e studio psicologia. Intanto non abbasso la guardia, perché so che le ricadute sono possibili».

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Con lo studio ESPAD® avete presentato alcuni dati su minori e azzardo. Quale è la situazione per i giovani?
«Dopo la pandemia i numeri hanno ricominciato a crescere tra i giovanissimi e oggi siamo arrivati al dato più alto di sempre per la diffusione del gioco d’azzardo e anche del gioco problematico nei ragazzi».

Sabrina Molinaro
Sabrina Molinaro

Per la Lombardia?
«Il dato è in linea con quello nazionale, circa il 60% degli studenti lombardi delle scuole superiori ci hanno detto di aver giocato almeno una volta nella vita, il 53% di questi l’hanno fatto nel 2023 e il 5% ha un profilo a rischio e addirittura il 4,5% ha quello che noi chiamiamo gioco problematico e quindi necessita di aiuto. Dobbiamo aprire gli occhi e cominciare a mettere in piedi qualche misura di contrasto».

Quali sono le motivazioni per il gioco?
«Lo fanno in realtà come fanno tante altre cose, c’è una linea sottile tra gaming e gambling. Molti ragazzi che giocano d’azzardo fanno giochi di ruolo, sportivi, online. In questa fascia di età c’è anche un forte tasso di spesa. Molti sono poco soddisfatti del rapporto con i loro pari più che quello con i genitori, anche se esiste un’insoddisfazione nello stato socio-economico della famiglia e il gioco è una rivalsa. C’è una carica di violenza superiore in questi ragazzi, più facilmente sono portati al cyberbullismo, a prendere parte a risse o a sottrarre oggetti per rivenderli».

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In che modo si sviluppa il gioco online nei giovani?
«Adesso non c’è solo il gaming, il gambling, per i più giovani è sempre più sviluppato il trading. In questo modo è più facile entrare in un meccanismo tossico, con l’idea di poter cambiare il proprio stato sociale e fare fortuna perché la macchina ti illude di poterlo fare, portando anche bambini di 10 anni in un paese dei balocchi destrutturante».

Riccardo Marco Sognamiglio
Riccardo Marco Sognamiglio

Il gioco non viene percepito come pericoloso?
«Esattamente, bisogna capire che nemmeno il videogioco è “solo un gioco”, tutto rientra in un meccanismo di assuefazione neurobiologica che sta alla base dell’algoritmo che viene costruito per entrare direttamente a contatto con i nostri neuroni. Gli adolescenti sono le fasce più a rischio perché hanno cervelli non formati completamente, con poco sistema di filtro che si sviluppa sempre più tardi negli anni forse anche per la plasmazione del digitale».

Qual è il consiglio da dare ai genitori?
«Chiedere aiuto a dei professionisti, esperti in dipendenze tecnologiche. Anche i genitori in realtà devono fare formazione. Non ci sono sempre motivazioni che spingono i giovani a giocare, non giovano le poche relazioni sociali soprattutto dopo il Covid, molti ragazzini anche a 10 anni si chiudono nella loro stanza e non escono per anni e spesso i genitori non si accorgono di questo. Del resto i bambini fin da neonati sono abituati a tavola a stare davanti a uno schermo, ad avere il tablet e a vedere i genitori al cellulare, fa parte ormai della normalità, come per molti il gioco d’azzardo».

Giocatore d’azzardo, i numeri

120mila

studenti giocatori problematici in Italia

63mila

hanno meno di 18 anni

60%

degli studenti lombardi delle scuole superiori dichiara di aver giocato almeno una volta

5%

hanno un profilo a rischio per gioco d’azzardo

4,5%

hanno un profilo già problematico per gioco d’azzardo

FONTE: ESPAD®Italia 2023. Popolazione studentesca (15-19 anni).

Giocatore d’azzardo, il commento

La solitudine dei numeri primi (e di quelli successivi)

di Daniele Minini

Un fenomeno ciclico che assume ogni volta sfaccettature differenti. Il problema delle scommesse nel calcio è tutt’oggi di stretta attualità, nonostante regolamenti, casistiche precedenti o politiche di sensibilizzazione (più o meno efficaci). Quanto accaduto nell’ottobre 2023 è stato uno shock perché due ragazzi di età inferiore ai 25 anni sono stati indagati e squalificati per aver puntato denaro su piattaforme illegali.

Due ragazzi che rappresentavano, e potranno ancora rappresentare, la Nazionale italiana, ovvero lo juventino Nicolò Fagioli e l’ex milanista Sandro Tonali. Nel loro percorso di crescita, personale e professionale, sono incappati in una trappola tesa da un nemico subdolo chiamato ludopatia. Entrambi si stanno sottoponendo ora a terapie e incontri pubblici con l’obiettivo di ripartire.

Questi due casi hanno scoperchiato un mondo che sembrava poter non esistere più, ma che in realtà è mutato nel tempo. Non si parla infatti di vicende riguardanti corruzioni o combine, bensì di gioco d’azzardo individuale sul proprio sport. Una problematica indicativa di quelli che sono i tempi e le abitudini dei giovani.

Ebbene, i calciatori in questione rappresentano solo la punta dell’iceberg: celebrità alle prese con il proprio tempo libero. Educare a convivere con una vita diversa da quella delle persone comuni dovrebbe essere uno degli obiettivi delle società, per poi a cascata essere d’esempio per le migliaia di giovani alle prese con gli stessi problemi. Imparare a non sentirsi soli: basterà?

Giocatore d’azzardo, a chi rivolgersi

I Servizi per le Dipendenze di Regione Lombardia e Città Metropolitana di Milano offrono informazioni, consulenze e trattamenti su cure e riabilitazione e diagnosi precoce in relazione al disturbo da gioco d’azzardo. Ad essi si può rivolgere la persona che ha il problema, un familiare, un amico o conoscente.

Grande Ospedale Metropolitano Niguarda

02.64.44.34.26

Ospedale San Carlo, Spazio Gio

02.81.84.34.49

Ospedale Fatebenefratelli

02.63.63.43.53

SERD via Boifava, 25

02.81.84.53.61

SERD via Canzio, 18

02.63.63.49.70

SMI CAD via Wildt, 27

02.71.59.60/61

SMI Relazione via Ventura, 4

02.26.41.70.50

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