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24. 04. 2024 09:40

Paolo Jannacci e gli insegnamenti di papà Enzo, dieci anni dopo: «Milano, male non fare paura non avere»

In preparazione dell'omaggio al padre, Paolo Jannacci racconta la Milano descritta nelle canzoni di Enzo e dei consigli che gli avrebbe dato oggi, in una città che ha un po’ meno il cuore in mano e va a ritmo di rap: «Ho questa immagine di lui sulla sua poltrona di casa con la chitarra, che mi vede e ride»

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Paolo Jannacci non è solo il figlio di Enzo, ma un vero e proprio ammiratore, oltre che collaboratore in tante avventure musicali, dell’artista milanese per eccellenza. Dopo aver scritto, insieme al giornalista Enzo Gentile il libro Eco tutto qui (Hoepli, 272 pagine), per il compleanno del padre, il 3 giugno, sta preparando la festa agli Arcimboldi Jannacciami!.

«Non sento molto l’anniversario della scomparsa, per me è un giorno come un altro, ci tengo di più a celebrare mio papà nel giorno della sua nascita», ammette il musicista e compositore, che giovedì sarà sul palco del Teatro Lirico ad accompagnare Elio in una delle serate di Ci vuole orecchio.

Paolo Jannacci ricorda papà Enzo

Ti aspettavi da parte delle istituzioni della città un po’ più di presenza nel ricordare i dieci anni dalla scomparsa del papà?
«Non ho avuto questa sensazione, nei giorni scorsi ho saputo che il sindaco vorrebbe fare qualcosa. Dal punto di vista emotivo mi sembra che la città sia molto attenta alla figura di mio papà. Il sentimento generale della gente, che poi è ciò che mi interessa veramente, è sempre molto vivo».

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C’è un luogo di Milano che identifica il tuo rapporto con tuo papà?
«Le Varesine, che ora si sono trasformate nel quartiere Porta Nuova, dove mio papà mi portava da piccolo. Per me quello era un momento di gioia perché mio padre mi dedicava del tempo».

Cosa direbbe tuo papà della città di oggi?
«C’è un problema di inaridimento spirituale, culturale e umano. Nel dramma della guerra e della ricostruzione, mio padre ha respirato un’atmosfera di solidarietà sociale molto forte. Milano è sempre stata cinica, ma contemporaneamente con il famoso cuore in mano, ora mi sembra che questo secondo elemento si sia un po’ perso, che manchi empatia, ma basta poco per cambiare: il suo motto dovrebbe essere “male non fare paura non avere”».

Cosa ti piacerebbe che tuo padre vedesse o sapesse di te oggi?
«Mi sarebbe piaciuto tanto che mi avesse telefonato il giorno dopo la mia partecipazione a Sanremo nel 2020: “Hai stonato, eh? Hai voluto cantare? Bravo cantantino, hai voluto la bicicicletta, adesso pedala!”. Ho questa immagine di lui sulla sua poltrona di casa con la chitarra, che mi vede e ride».

Che pubblico ti aspetti la sera degli Arcimboldi?
«Di tutto. Dai trentenni agli ottantenni. Mi piacerebbe che il papà venisse scoperto anche dai più giovani e questo è uno dei motivi per i quali continuo ad andare in giro con lo spettacolo Concerto con Enzo».

Cos’è la cosa più inattesa che stai preparando per quella serata?
«Forse l’introduzione dove cercherò di far ascoltare il papà. I miei spettacoli non sono mai pirotecnici. Sono molto centrati sul palco, sui musicisti e sulla musica, altrimenti il focus si perde. L’Arcimboldi è il luogo adatto».

paolo jannacci
Paolo Jannacci

Ti sei mai domandato, come mai Milano è passata da una tradizione cantautorale a essere la capitale dell’hip-hop?
«Già quindici anni fa dissi che il cantautorato si stava spostando verso questa forma di comunicazione, allora avvertivo questa transizione fra chi raccontava storie in musica a chi lo stava facendo con quest’altra modalità, che per certi versi ti faceva ascoltare le parole con più attenzione. Uno dei motivi di questo passaggio, è il contesto sociale e culturale cittadino in cui siamo inseriti. Se ci si sposta verso l’aridità, la velocità, allora anche il messaggio, la comunicazione musicale cambia. Mentre prima i cantautori si mescolavano con il rap, ora i rapper non conoscono i classici e vanno a caso. Lazza ha una marcia in più perché suona il piano, conosce la musica».

Cosa vorresti dire a Enzo oggi?
«Gli chiederei se sto facendo la cosa giusta: io mi metto sempre in discussione».

Lui cosa ti risponderebbe?
«Male non fare paura non avere».

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